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La Suprema corte si pronuncia nuovamente sul danno da lesione della reputazione

Con ord. n. 9385 del 16 aprile 2018, la Suprema Corte di Cassazione ha inteso dare continuità al proprio consolidato orientamento, tornando nuovamente a ribadire che il danno derivante dalla lesione di valori della persona costituzionalmente protetti non è in re ipsa.

Dunque, ai fini della sua risarcibilità in giudizio non sarà sufficiente accertare che si sia verificato un evento astrattamente idoneo a ledere i predetti diritti, bensì, all’opposto, risulterà necessario fornire prova che, come conseguenza dell’evento lesivo, si sia concretamente prodotto un danno (sul punto vedi, fra le altre, Cass. Civ., Sez. Un., sent. 26972 del 11.11.2008).

In particolar modo, nella controversia al vaglio del giudice di legittimità, tale principio è stato ribadito in materia di danni all’onore ed alla reputazione derivanti, nel caso concreto, dall’iscrizione di un individuo, quale cattivo pagatore, nella banca dati del C.R.I.F. Il presunto danneggiato, non indicando in alcun modo gli specifici inconvenienti derivanti da tale circostanza né allegando materiale probatorio che comprovasse l’insorgenza di eventuali pregiudizi futuri, anche attraverso presunzioni e/o valutazioni prognostiche, ha apertamente violato il suesposto principio e pertanto la corte, confermando la sentenza della Corte di Appello di Venezia, ha rigettato il suo ricorso.

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