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Come gestire una società in perdita al tempo del Covid-19? Quali scelte possono compiere gli amministratori senza incor...

Nel contesto dell’emergenza Covid-19 ed a causa del prolungato blocco dell’attività della maggior parte delle aziende, il Governo italiano ha affrontato il fatto che molte società abbiano patito o patiranno perdite ingenti a causa della crisi in corso; perdite tali causare da una riduzione o la perdita del capitale sociale.

In particolare, il Decreto Legge dell’8 aprile 2020, n. 23 (noto come “Decreto liquidità”) prevede alcune misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall’emergenza Covid-19 e in vigore fino al 31 dicembre 2020.

Tra queste l’articolo 6 del Decreto liquidità prevede alcune “Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale” in base alle quali sono sospese fino alla data del 31 dicembre 2020 alcune norme del codice civile relative – in estrema sintesi – alla perdita del capitale sociale verificatasi nel corso degli esercizi chiusi entro il 2020.

In sostanza, a fronte di perdite rilevanti, l’amministratore non è temporaneamente tenuto a sottoporre ai soci l’alternativa tra (i) ricapitalizzare la società, (ii) porla in liquidazione e/o (iii) attivare una procedura concorsuale. Vale la pena ricordare che, al di fuori di questa normativa d’emergenza, la negligenza dell’amministratore in tal senso comporta una responsabilità personale per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi ai sensi dell’articolo 2485 c.c.

Come può e deve comportarsi l’amministratore sino al 31 dicembre 2020? Quali responsabilità dovrà affrontare dal 1 gennaio del 2021, quando cesseranno (salvo possibili proroghe) gli effetti della normativa d’urgenza?

Gli amministratori possono continuare a gestire gli affari correnti? Possono anche intraprendere nuove iniziative imprenditoriali per la società?

Occorre tenere presente che – tra le norme sospese – non rientra l’articolo 2486 c.c.. Questa norma, in caso di perdita del capitale per perdite, impone agli amministratori di gestire la società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale.

In ogni caso, pare opportuno per l’amministratore convocare l’assemblea dei soci, per rappresentargli la situazione patrimoniale aggiornata della e proporre comunque una ricapitalizzazione. Se i soci non intendono né ricapitalizzare né porre in liquidazione la società, l’amministratore dovrà gestire l’attività aziendale sino alla fine del 2020 tenendo sempre in considerazione l’interesse dei creditori sociali.

Anche il ricorso alla leva finanziaria – che pare fortemente agevolata ed incentivata dalla normativa d’urgenza – va quindi valutata con cautela a fronte della sottocapitalizzazione della società. Infatti, non è venuto meno l’obbligo degli amministratori di assumere rischi imprenditoriali che siano adeguati alla struttura finanziaria dell’impresa.

In altre parole, la discrezionalità degli amministratori nella gestione aziendale dovrà comunque essere limitata a iniziative non particolarmente rischiose, finalizzate non solo conservare ma anche potenzialmente a “ripristinare” l’integrità del patrimonio sociale entro la chiusura dell’esercizio sociale al 31 dicembre 2020.

In conclusione, il ricorso a nuova finanza deve essere valutato nell’ambito di un piano che renda sostenibile il nuovo debito e i suoi oneri in termini di interessi. In caso contrario, al termine del periodo di sospensione della normativa d’urgenza, l’amministratore potrebbe comunque trovarsi esposto alle responsabilità previste dalle norme del codice civile.

Decreto Legge dell’8 aprile 2020, n. 23 (“Decreto liquidità”)

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