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Marchio di fatto e accordi di cessione: il caso “R10”

Poche ore prima dell’inizio dei mondiali di calcio brasiliani recentemente conclusisi, il Tribunale Europeo di Primo Grado ha emesso un’importante sentenza (T-137/09 RENV) riguardante il marchio “R10”, ovverosia il segno distintivo del famoso fantasista brasiliano Ronaldo de Assis Moreira, meglio conosciuto come Ronaldinho. Il marchio “R10” è infatti formato dall’iniziale del giocatore (“R”) e dal numero di maglia (“10”) più frequentemente utilizzato da Ronaldinho nelle varie squadre in cui ha giocato.

Nel gennaio 2006, il sig. Aurelio Munoz Molina ha domandato la registrazione del marchio comunitario “R10” per articoli di pelletteria, abbigliamento, scarpe e servizi di vendita di indumenti. Il sig. Molina, tuttavia, nulla ha a che fare con Ronaldinho che, a quel tempo, era all’apice della sua fama e fresco vincitore del pallone d’oro.

Nell’ottobre del 2006, la società DL Sports, detentrice di alcuni diritti di immagine e marchi relativi alla star del calcio carioca, si è opposta alla domanda di registrazione del marchio “R10” del sig. Molina, dichiarandosi titolare di un identico ed anteriore marchio di fatto spagnolo.

La Divisione di Opposizione UAMI ha quindi chiesto a DL Sports di provare l’anteriore utilizzo di tale marchio di fatto. DL Sports, tuttavia, non è riuscita a depositare prove sufficienti di tale utilizzo. L’opposizione è stata quindi respinta.

Nel frattempo, la Nike, uno dei principali sponsor del giocatore, ha concluso un accordo con DL Sports prevedendo il trasferimento di diverse domande di marchio concernenti i segni “R10” e “10R”. Nike, pertanto, si è sostituita a DL Sports nel procedimento di opposizione contro la domanda di marchio del sig. Molina e ha presentato ricorso contro la decisione della Divisione di Opposizione UAMI.

Il ricorso presentato dalla Nike è stato però rigettato dalla Commissione Ricorsi che, senza sentire le parti, ha affermato che la società americana non ha dato prova di essere titolare del marchio di fatto spagnolo su cui si è basato l’intero procedimento di opposizione. Ciò in quanto l’accordo di cessione concluso con DL Sports non nomina espressamente il marchio di fatto spagnolo.

Dopo varie fasi di giudizio, la Corte di Giustizia Europea ha rinviato la causa al Tribunale di Primo Grado chiedendogli di esprimersi sulla titolarità del marchio spagnolo di fatto “R10”.

Il 12 giugno 2014, il Tribunale di Primo Grado ha sancito che il marchio spagnolo di fatto “R10” non appartenga alla Nike, confermando la decisione della Commissione Ricorsi. In particolare, il Tribunale ha sottolineato che il contratto di cessione concluso tra DL Sports e Nike indica dettagliatamente tredici domande di marchio riguardanti il segno “R10” e altre sette concernenti il segno “10R”, ma in nessun punto fa riferimento al marchio di fatto spagnolo “R10”. Il Tribunale ha inoltre respinto ogni interpretazione estensiva dell’accordo proposta da Nike.

Il Tribunale ha oltretutto escluso che Nike possa essere titolare del marchio di fatto spagnolo “R10” sulla base di un precedente accordo con il giocatore secondo il quale Nike è titolare di “tutti i diritti, i titoli e gli interessi relativi ai loghi, i disegni, i modelli, i marchi e i diritti di proprietà intellettuale” relativi all’attività di Ronaldinho. La stessa Nike, infatti, nel corso del procedimento di opposizione ha sempre sostenuto di essere titolare del marchio di fatto spagnolo in base all’accordo con DL Sports e non, invece, in base al citato precedente accordo con il giocatore.

La lunga querelle riguardante il marchio “R10” ha quindi avuto un unico e per certi versi inatteso vincitore, ovverosia il sig. Molina che per primo ha registrato il marchio. L’esito di questa vicenda può quindi fornirci due preziosi insegnamenti. In primo luogo, qualora un determinato segno acquisti una certa distintività, è sempre meglio che il titolare proceda alla sua registrazione. Non a caso, altri segni simili a “R10”, ovverosia “CR7”, riferito al calciatore portoghese Cristiano Ronaldo, e “R9”, riferito all’ex stella brasiliana Ronaldo, sono stati registrati dai calciatori stessi o dai loro sponsor. In secondo luogo, la vicenda in esame ha sottolineato la necessità di indicare specificatamente i marchi di fatto all’interno di accordi di cessione. Come visto, infatti, formule, anche ampie, che non facciano tuttavia espresso riferimento al marchio di fatto potrebbero non essere ritenute idonee a provare l’avvenuta cessione di tale tipologia di marchio.

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