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Il diritto di accesso dei dipendenti ai propri dati valutativi

Il fatto

Con l’ordinanza n. 32533 del 14 dicembre 2018 la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da una banca che aveva impedito ad un proprio dipendente, soggetto a sanzione disciplinare, di visionare gli atti antecedenti propedeutici alla sanzione nei quali erano incluse le valutazioni che lo riguardavano.

La banca, in particolare, giustificava il rifiuto all’accesso a tali documenti invocando, a propria difesa, la tutela della riservatezza aziendale e dei dati afferenti a terzi.

 

Il bilanciamento di interessi operato dal giudice di merito

Sul punto il giudice di merito ha ritenuto che, a seguito del bilanciamento di interessi contrapposti operato, nel caso di specie il diritto di accesso – garantito all’epoca dei fatti dall’articolo 7 del Codice Privacy, successivamente abrogato, e attualmente disciplinato dall’articolo 15 del Regolamento UE 679/2016 (GDPR) – del lavoratore sanzionato prevalesse rispetto alle esigenze di riservatezza prospettate dalla banca.

Il Giudice di merito ha evidenziato, inoltre, che la banca avrebbe potuto consentire l’accesso dei documenti valutati del dipendente tutelando i terzi attraverso l’oscuramento delle informazioni che potessero risultare pregiudizievoli alla loro riservatezza.

L’estensione del diritto di accesso

La Suprema Corte ha confermato le statuizioni del Giudice di merito, precisando che il diritto di accesso non può essere inteso, in senso restrittivo, come il mero diritto alla conoscenza di eventuali dati nuovi ed ulteriori rispetto a quelli già entrati nel patrimonio di conoscenza dell’interessato, avendo, quindi, tale diritto una portata più ampia.

Tale precisazione si giustifica con la finalità del diritto di accesso di garantire, a tutela della dignità e riservatezza del soggetto interessato, la verifica ratione temporis dell’avvenuto inserimento, della permanenza, ovvero della rimozione di dati, indipendentemente dalla circostanza che tali eventi fossero già stati portati per altra via a conoscenza dell’interessato.

Tale verifica, pertanto, deve essere garantita mediante l’accesso ai propri dati personali in ogni momento del rapporto lavorativo.

Il diritto di accesso ai documenti attinenti al rapporto lavorativo

La Suprema Corte, quindi, ha confermato il proprio precedente orientamento che garantisce il diritto di accesso alla documentazione relativa alle vicende del rapporto di lavoro, sia nel caso in cui tale documentazione sia imposta dalla legge – come per i libri paga e matricola – sia qualora la documentazione sia prevista dall’organizzazione aziendale, come ad es. tramite circolari interne (cfr. Cass. n. 9961 del 2007).

L’ordinanza ha precisato, da ultimo, che dalla lettura del disposto normativo in tema di diritto di accesso non si evince alcuna specifica limitazione in ordine alle concrete finalità per le quali il diritto di accesso possa essere esercitato.

Pertanto, il diritto di accesso ben può essere utilizzato dal dipendente per proprie finalità difensive.

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