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La pensione di reversibilità viene divisa tra ex coniuge e coniuge superstite

La Corte di Cassazione ha recentemente emesso due ordinanze in tema di assegno di reversibilità.

La prima ordinanza, n. 5268 del 27.2.2020, nasce dal caso al vaglio della Corte d’appello di Lecce, che stabiliva nella misura del 35% la quota della pensione di reversibilità spettante alla ex moglie, in qualità di coniuge divorziata del defunto, attribuendo alla coniuge superstite la restante quota del 65%.

Con tale ordinanza, la Suprema Corte ha affermato che alla convivenza prematrimoniale è riconosciuto un autonomo rilievo nella determinazione delle quote di rispettiva pertinenza tra la moglie e l’ex moglie.

La ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell’istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convivenza “more uxorio” non una semplice valenza “correttiva” dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale’. Andranno, comunque, ponderati ulteriori elementi, quali l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due aventi diritto e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali.

La seconda ordinanza, n. 5290 del 27.2.2020, trae origine dal caso trattato dalla Corte d’appello di Trieste, che aveva determinato il diritto dell’ex coniuge di percepire la quota del 25% della pensione di reversibilità dell’ex marito deceduto, rimanendo la quota del 75% di diritto del coniuge superstite.

Con questa seconda ordinanza, la Cassazione ha stabilito che l’importo percepito dalla ex moglie con l’assegno di divorzio non rappresenta un limite insuperabile nella determinazione della quota di pensione di reversibilità alla stessa spettante, non essendovi alcuna indicazione normativa in tal senso.

Pertanto, la quota di pensione di reversibilità può anche superare l’ammontare dell’assegno divorzile erogato in vita.

L’importo della pensione di reversibilità andrà determinato tenendo conto di tutti i fattori indicati nella sentenza della Corte Costituzionale n. 419 del 1999 (durata dei due matrimoni, inclusione delle convivenze prematrimoniali; condizioni economiche della parte ed entità dell’assegno divorzile): tanto la convivenza prematrimoniale quanto l’ammontare dell’assegno di divorzio rappresentano solo due dei vari parametri da esaminare.

La Corte di legittimità, in conclusione, ha reputato corrette entrambe le attribuzioni percentuali calcolate dalle Corti d’appello.

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