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La nuova legge sugli interporti: una riforma attesa da tempo

La riforma degli interporti segna un passo decisivo per il futuro della logistica e dei trasporti in Italia. Con una nuova strategia organica e orientata al mercato, il sistema interportuale può affermarsi come un importante veicolo di competitività per le imprese, grazie all’integrazione con i principali corridoi europei e a standard più elevati in termini di sostenibilità, tecnologia e servizi.

La nuova definizione di interporto mette al centro un modello gestionale imprenditoriale, capace di operare con logiche di mercato, attrarre investimenti e offrire servizi evoluti per la movimentazione delle merci, con l’obiettivo di aumentare l’intermodalità e rendere più rapida ed efficiente la connessione tra infrastrutture strategiche come porti, aeroporti e rete ferroviaria.

La riforma introduce anche un Piano nazionale per l’intermodalità, che consentirà di programmare lo sviluppo della rete interportuale in modo coordinato, valorizzando gli interporti esistenti e individuando nuove opportunità sul territorio. Particolare attenzione è dedicata alla sostenibilità energetica e ambientale e alla sicurezza, con incentivi per lo sviluppo e la modernizzazione degli interporti.

Per le imprese della logistica, dei trasporti e dell’industria, il nuovo quadro normativo rappresenta un’occasione concreta per migliorare efficienza, qualità dei servizi e competitività sui mercati internazionali.

 

Con il voto favorevole anche della maggioranza della Camera dei Deputati, la proposta di riforma degli interporti approvata dal Senato la scorsa estate è legge.

Si tratta di una riforma organica attesa da tempo, che sostituisce integralmente la disciplina della Legge n. 240/1990 e sarà rilevante non solo per il settore della logistica e dei trasporti, ma per l’intero sistema produttivo, puntando a riorganizzare il sistema dei trasporti nazionale in un’ottica di integrazione intermodale con i corridoi europei TEN-T (1).

Le finalità della legge e la nuova definizione di interporto.

L’articolo 1 esplicita le finalità della legge e individua i principi fondamentali in materia di interporti.

Le finalità individuate sono, in sintesi:

  • la promozione dell’intermodalità e dell’efficienza logistica, valorizzando la rete di interporti esistente (lett. a);
  • l’efficientamento in chiave sostenibile dei flussi di trasporto, in un’ottica di integrazione e sviluppo tra infrastrutture in ambito sia nazionale che europeo (lett. b);
  • il completamento delle infrastrutture per l’intermodalità previste nel programma europeo TEN-T (lett. c);
  • la razionalizzazione dell’utilizzo del territorio in relazione alla domanda di trasporto e di attività logistiche (lett. d);
  • la diminuzione dell’impatto ambientale del sistema di trasporto e logistica (lett. e), attraverso la promozione della sostenibilità ambientale, sociale ed economica (lett. f);

La legge dà una nuova definizione di interporto, ora inteso come “il complesso organico di infrastrutture e di servizi integrati di rilevanza nazionale, gestito in forma imprenditoriale al fine di favorire la mobilità delle merci tra diverse modalità di trasporto con l’obiettivo di accrescere l’intermodalità e l’efficienza dei flussi logistici, in ogni caso fornito di collegamenti con porti o aeroporti e viabilità di grande comunicazione e comprendente uno scalo ferroviario, idoneo a formare e ricevere treni intermodali completi o convenzionali, e attrezzature fisse e mobili atte al trasbordo di unità di carico intermodali e merce dalla modalità di trasporto ferroviario a quella stradale o di navigazione interna”.

È interessante notare come il legislatore abbia ampliato la definizione rispetto a quella della precedente legge del 1990 e come abbia specificato che esso è “gestito in forma imprenditoriale”. Quest’ultima locuzione non era presente nella legge in vigore prima della riforma in analisi e anticipa quanto più analiticamente descritto nell’articolo 5: da un lato, che la gestione di un interporto costituisce un’attività di prestazione di servizi svolta in ambito concorrenziale e rientrante tra le attività aventi natura economico-industriale e commerciale; dall’altro, che i gestori degli interporti operano in regime di diritto privato.

La puntualizzazione che l’interporto sia gestito in forma imprenditoriale può essere interpretata come un richiamo ai requisiti dell’economicità (ossia, la gestione orientata all’equilibrio di bilancio attraverso la copertura dei costi con i ricavi) e della professionalità (intesa come esercizio professionale e non abituale dell’attività) tipici dell’imprenditore ex art. 2082 c.c. In questo modo il legislatore porta a compimento il processo di privatizzazione degli interporti, iniziato con l’abrogazione del regime concessorio nel 1995, assimilandoli a tutti gli effetti alle imprese commerciali.

 

Il principio della programmazione.

L’articolo 2 introduce il principio della programmazione degli interporti, principalmente attraverso l’elaborazione di un Piano generale per l’intermodalità, da adottarsi con decreto del MIT, in coerenza con la programmazione generale dei trasporti e della logistica.

Il Piano sarà preceduto da una ricognizione degli interporti esistenti e di quelli in corso di realizzazione, che il MIT dovrà effettuare entro un anno dall’entrata in vigore della legge.

Il MIT, previo parere del neoistituito Comitato nazionale per l’intermodalità e la logistica, e d’intesa con il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, può provvedere a individuare nuovi interporti, nel rispetto delle condizioni dell’art. 3, o al potenziamento degli interporti esistenti. In ogni caso, si è previsto che il numero totale degli interporti non potrà essere superiore a trenta (tre in più rispetto agli attuali ventisette interporti operativi).

 

Le condizioni e i requisiti per la creazione di nuovi interporti.

Come sopra anticipato, l’articolo 3 elenca le condizioni per la creazione di nuovi interporti:

  • l’assenza di vincoli paesaggistici, naturalistici o urbanistici sul territorio individuato (lett. a);
  • la presenza di collegamenti stradali e ferroviari diretti con la viabilità di grande comunicazione e con la rete ferroviaria nazionale prioritaria, nonché di adeguati collegamenti stradali e ferroviari con almeno un porto o un aeroporto (lett. b, c e d);
  • la coerenza con i corridoi TEN-T (lett. e);
  • la localizzazione preferenziale in aree già bonificate, favorendo il potenziamento e la riutilizzazione di strutture già esistenti (lett. f);
  • la garanzia di sostenibilità finanziaria e di adeguati flussi di merci (lett. g).

Tali condizioni devono sussistere tutte congiuntamente.

Per quanto riguarda i requisiti che dovranno possedere i nuovi interporti, è previsto che essi siano dotati di:

  • terminali ferroviari intermodali compatibili con il miglior sfruttamento dell’infrastruttura ferroviaria che serve l’interporto, le cui modalità di utilizzo dovranno essere convenute tra il gestore dell’interporto e RFI (lett. a);
  • aree di sosta attrezzate per accogliere veicoli per il trasporto di merci di categoria N2 e N3 e rimorchi di categoria O3 e O4 (lett. b);
  • un centro di servizio doganale (lett. c);
  • centri direzionali (lett. d);
  • un’area attrezzata per l’erogazione di servizi per veicoli industriali (lett. e);
  • aree dedicate al trasporto intermodale e alle varie funzioni di logistica (lett. f);
  • sistemi di sicurezza per merci, aree e operatori (lett. g).

Particolare attenzione è dedicata agli aspetti di sostenibilità ambientale, energetica e finanziaria, nonché alla valutazione costi-benefici dei progetti di creazione dei nuovi interporti; in particolare, è prescritta la presenza di infrastrutture di produzione di energia da fonti rinnovabili, in modo da contribuire al raggiungimento degli obiettivi in materia di emissioni stabiliti dall’UE.

 

L’introduzione del Comitato nazionale per l’intermodalità e la logistica.

La legge, all’articolo 4, istituisce un nuovo organo con funzioni di indirizzo, programmazione e coordinamento: il Comitato nazionale per l’intermodalità e la logistica.

L’organizzazione, il funzionamento, la disciplina e la composizione del Comitato dovranno essere delineati nei tre messi successivi all’entrata in vigore della legge.

Il Comitato è presieduto dal MIT e prevede la presenza, quali membri di diritto, dei Presidenti di Regione interessati, del presidente dell’Unione Interporti Riuniti, dei presidenti degli interporti. Sono invitati alle riunioni del Comitato, senza diritto di voto, i sindaci, i presidenti delle Autorità di Sistema Portuale, il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e i rappresentanti di associazioni di imprese dei trasporti e della logistica del territorio.

 

La gestione operativa degli interporti.

L’articolo 5 fa chiarezza sugli aspetti di gestione degli interporti e afferma che la gestione di un interporto è una attività economica di erogazione di servizi, svolta in ambito concorrenziale e che rientra tra le attività aventi natura economico-industriale e commerciale.

I gestori degli interporti agiscono secondo norme e strumenti di diritto privato; ad essi è demandata (i) la realizzazione di nuovi interporti secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, come visto sopra, e (ii) l’adeguamento degli interporti esistenti ai requisiti del terzo comma dell’articolo 3, nel rispetto dell’equilibrio del proprio bilancio.

Il legislatore affronta anche il tema della certezza degli strumenti economici e finanziari in mano ai gestori, prevedendo che gli enti concedenti dovranno costituire un diritto di superficie in favore dei gestori degli interporti convenzionati con il MIT sulle aree dove sorge l’interporto. La durata del diritto di superficie sarà commisurata agli investimenti e ai costi ammortizzabili.

Si è previsto anche che il diritto di superficie potrà consolidarsi in un diritto di proprietà in capo ai gestori tramite il riscatto delle aree su cui si costituisce il diritto di superficie.

 

I finanziamenti previsti.

L’articolo 6 mira a rendere operative le previsioni programmatiche attraverso finanziamenti e procedure semplificate.

Il primo passo sarà l’individuazione dei progetti di realizzazione e di sviluppo degli interporti, entro sessanta giorni dell’entrata in vigore dell’apposito regolamento previsto dal comma 3, con un ordine di priorità stabilito dal MIT in base all’aderenza alle finalità della legge (in particolare, alla diminuzione dell’impatto ambientale).

A tali fini, per il triennio 2025-2027 sono stati stanziati € 25.000.000.

I progetti saranno approvati mediante accordi di programma ex art. 34 TUEL sulla base del Piano generale per l’intermodalità e con la partecipazione dei presidenti degli interporti. Pena la decadenza dell’assegnazione dei finanziamenti, gli accordi di programma dovranno essere approvati nel breve termine di quattro mesi, prorogabili per esigenze istruttorie motivate fino a un massimo di ulteriori due mesi.

Inoltre, con proprie risorse, i gestori degli interporti possono provvedere all’adeguamento delle infrastrutture ferroviarie di ultimo miglio, previa analisi costi-benefici e individuazione delle risorse finanziarie. Il fine del legislatore è potenziare la capacità dei flussi ferroviari degli interporti e aumentare la capacità degli impianti ferroviari negli interporti, così come favorire l’intermodalità e la sicurezza degli interporti.

 

L’adeguamento delle normative regionali.

Ai sensi dell’articolo 8 le Regioni a statuto ordinario saranno tenute ad adeguare la propria legislazione in materia di interporti alla nuova legge entro 6 mesi dell’entrata in vigore della legge.

 

Conclusioni.

La riforma ha il pregio di incentivare la pianificazione nazionale unitaria, tramite il Piano generale per l’intermodalità, la realizzazione di un sistema di governance integrata tra MIT, Regioni, interporti e sistema portuale, nonché il raggiungimento di elevati standard tecnici e di sostenibilità energetica, ambientale ed economica.

Grande attenzione è stata dedicata al tema dell’intermodalità dei trasporti, sulla scia delle iniziative legislative dell’Unione Europea che hanno dato vita ai corridoi TEN-T e stanno sviluppando un sistema integrato di mobilità e di trasporto tra infrastrutture diverse situate nei territori degli Stati nazionali.

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NOTE:

(1) Si tratta della rete strategica di trasporto intermodale che collega strade, ferrovie, porti e aeroporti in tutta l’Unione Europea per favorire una mobilità delle persone e un trasporto di merci efficiente e sostenibile, con l’obiettivo di integrare i Paesi europei con infrastrutture moderne, sostenibili e intermodali. Le politiche dell’Unione Europea relative ai corridoi TEN-T si basano sul Regolamento UE 2024/1679.

(2) Gli interporti attivi in Italia sono al momento 27: Bari, Bologna, Catania, Cervignano del Friuli, Civitavecchia, Gorizia, Jesi, Livorno, Maddaloni, Mortara, Nola, Novara, Orbassano, Orte, Padova, Parma, Pescara, Portogruaro, Prato, Rivalta Scrivia, Rovigo, Torino, Trento-Interbrennero, Trieste, Vado, Venezia e Verona.

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