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Influencer marketing, call to action e contenuti generati dagli utenti: nuove indicazioni da parte dell’AGCM

  1. Introduzione

Nell’ultimo bollettino settimanale (n. 41/2021), l’AGCM ha affrontato una nuova fattispecie connessa al mondo dell’influencer marketing – priva di precedenti a livello italiano ed europeo – ed ha chiuso il procedimento accettando gli impegni delle parti senza irrogare sanzioni, come era già capitato in occasione dei casi pilota “Alitalia / Ferretti” e “Pan di Stelle”.

  1. Il caso Glo Hyper

A maggio 2021, l’Autorità aveva avviato un’istruttoria nei confronti di British American Tobacco Italia (BAT), produttrice del dispositivo per il riscaldamento del tabacco “Glo Hyper”, nonché nei confronti degli influencer Stefano De Martino, Stefano Sala e Cecilia Rodriguez, contestando una peculiare fattispecie di pubblicità occulta.
Gli influencer avevano infatti pubblicato dei post su Instagram promuovendo il dispositivo Glo Hyper (con l’uso dei notori hashtag promozionali, come “#adv”), invitando i follower (consumatori) a pubblicare a loro volta contenuti relativi al prodotto e impegnandosi a ripostare sul proprio profilo i migliori post degli utenti che – chiaramente, vista l’assenza di un rapporto di committenza con BAT – risultavano sprovvisti di avvertenze in ordine alla finalità promozionale dei contenuti diffusi in rete.
Tale iniziativa promozionale rientra nelle c.d. “call to action”, strategie volte a creare un’interazione con i follower che, nell’aspettativa di ricevere in cambio una maggiore visibilità del proprio profilo, sono indotti a rispondere all’invito diffondendo su Instagram contenuti (user generated content, UGC) collegati ad un marchio, generando così un effetto pubblicitario in favore di quest’ultimo.

  1. Gli impegni presentati da BAT

Nel corso del procedimento istruttorio, BAT si è impegnata a:

  • adottare linee guida interne relative all’influencer marketing che prevedano l’obbligo di utilizzo degli hashtag promozionali;
  • inserire nei contratti con gli influencer l’obbligo, in capo a questi ultimi, di esortare i follower ad inserire gli hashtag promozionali (ad esempio, “#adv” o “#sponsoredby”) in caso di partecipazione ad una call to action, a pena di esclusione da qualsiasi premio o ricompensa (come la pubblicazione dei loro contenuti sul profilo Instagram dell’influencer o del brand);
  • veicolare le linee guida agli influencer o alle rispettive agenzie;
  • adottare modelli contrattuali che prevedano meccanismi di deterrenza in caso di violazione degli obblighi di trasparenza da parte degli influencer o delle agenzie (ad esempio, clausole penali);
  • rimuovere, e far rimuovere dagli influencer, tutti i contenuti contestati.
  1. Gli impegni presentati dagli influencer

Sulla falsariga di BAT, gli influencer si sono impegnati a:

  • rimuovere dai propri profili i contenuti contestati;
  • utilizzare sempre gli hashtag promozionali;
  • invitare gli utenti, in caso di call to action, ad utilizzare gli hashtag promozionali a pena di esclusione dei relativi UGC.
  1. Le valutazioni dell’AGCM

Dopo aver ribadito la necessità, in caso di influencer marketing, di rendere i consumatori consapevoli del fatto di trovarsi di fronte ad un vero e proprio messaggio pubblicitario e non di fronte ad un racconto spontaneo e disinteressato del vissuto quotidiano del personaggio, l’Autorità ha ricordato come gli hashtag promozionali rappresentino un utile mezzo di riconoscimento del messaggio pubblicitario, sia quando questo è promosso (a monte) da personaggi con numero più o meno consistente di follower, sia quando il messaggio provenga “a valle” da parte di un utente comune, invogliato a postare tali contenuti in cambio di una utilità, ancorché di natura non direttamente economica, come quella di ottenere maggiore visibilità in rete.
In questo contesto, l’AGCM ha accolto gli impegni di BAT e degli influencer, rilevando peraltro come si collochino in un contesto inedito che non ha registrato sino ad oggi precedenti nell’ordinamento italiano ed estero. Le misure proposte dalle parti consentirebbero di superare i profili censurati in quanto idonee ad estendere i vincoli connessi alla trasparenza pubblicitaria anche alle tecniche di coinvolgimento degli UGC.
L’Autorità ha quindi reso obbligatori tali impegni ed ha chiuso il procedimento senza accertare infrazioni.

  1. Note conclusive

L’intervento dell’AGCM tenta di disciplinare un contesto para-commerciale al quale, oltre al brand ed agli influencer (legati tra loro da un rapporto di committenza), prendono parte anche consumatori privi di un vero legame contrattuale con il titolare del marchio promozionato e che partecipano ad un’iniziativa social al solo fine di ottenere visibilità.
Nella lettura dell’Autorità, tale visibilità genera un’utilità – ancorché non direttamente economica – in capo all’utente finale (consumatore) tale da richiedere la “marcatura” del contenuto come commerciale, attraverso l’uso di “#adv” o “#sponsoredby”. In questo modo, gli altri utenti comprenderebbero da subito che il post non è frutto di una pubblicazione spontanea ma deriva da uno stimolo del brand (direttamente o tramite gli influencer retribuiti per tale attività).
Se, da un lato, questo meccanismo ha il pregio di garantire una maggiore visibilità sui contenuti direttamente impattati dal brand, dall’altro emerge un – paradossale – rischio di confusione in capo ai consumatori finali che, di fronte ad un post marcato “#adv”, non riuscirebbero a decodificarne la natura e dunque a comprendere se l’utente abbia effettivamente un rapporto di committenza con il titolare del marchio oppure stia semplicemente rispondendo – autonomamente e in assenza di qualsivoglia vincolo contrattuale – ad una call to action lanciata tramite social media.
La spinta verso la massima trasparenza pubblicitaria creerebbe quindi una equiparazione tra il contenuto di un professionista “puramente commerciale” (frutto di un rapporto di committenza retribuito) ed il contenuto di un consumatore “semplicemente inserito in un contesto di comunicazione commerciale”.
Si potrebbe dunque valutare l’opportunità di suggerire l’uso di un nuovo hashtag dedicato per questo tipo di iniziative “ibride”, ad esempio “#calledby”, per evitare che il significato di “#adv” e “#sponsoredby” sia annacquato e rischi per perdere di efficacia e significato.

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