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Update | I presupposti per l’azione revocatoria ordinaria con riguardo agli atti posti in essere dal fideiussore

Con particolare riferimento alla posizione del fideiussore va infatti rimarcato che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, “L’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito, e non anche la sua concreta esigibilità. Pertanto, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse ad un’apertura di credito, gli atti dispositivi del fideiussore successivi all’apertura di credito ed alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell’art. 2901 c.c., n. 1, prima parte, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni) ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento;”.

Così si è pronunciato il Tribunale di Castrovillari, Sez. Civile, in persona del Giudice monocratico Dott. Raffaele Zibellini, con la sentenza n. 920 del 9 settembre 2021, accogliendo la domanda attorea e dichiarando l’inefficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c. nei confronti dell’istituto di credito dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale stipulato dal fideiussore e dal coniuge.

Nel caso in esame, l’istituto di credito, con atto di citazione, conveniva in giudizio il fideiussore ed il coniuge chiedendo ex art. 2901 c.c., la dichiarazione di inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale, costituito ex art. 167 ss. c.c., dal fideiussore, con atto a titolo gratuito e con il consenso del coniuge, vincolando n. 22 immobili complessivi di sua proprietà, realizzando così un pericolo di danno per il creditore.

L’azione revocatoria ordinaria rappresenta uno dei principali strumenti predisposti dall’ordinamento per la conservazione della garanzia patrimoniale generica di cui all’art. 2740 c.c. e la disciplina di riferimento può essere inquadrata nell’art. 2901 c.c. secondo il quale “Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni: i) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; ii) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.”

Pertanto, presupposto della succitata azione è che l’atto di disposizione posto in essere dal debitore generi pericolo o incertezza per la realizzazione del diritto del creditore, in termini di una possibile o eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva, non essendo doveroso che il debitore si trovi in stato di insolvenza.

Facendo invece riferimento alla posizione del fideiussore, la conditio sine qua non per l’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria, è la sussistenza di un debito, ma non la sua concreta esigibilità.

Infatti, in caso di pregiudizio delle ragioni creditorie, gli atti dispositivi del fideiussore successivi all’apertura di credito e alla stipula della garanzia, possono essere sottoposti ad azione revocatoria ex art. 2901 c.c. in ragione del requisito della consapevolezza e del fatto oggettivo della distrazione patrimoniale, nel caso in cui il fideiussore abbia prestato garanzia con riferimento alle obbligazioni future del debitore relativamente ad un rapporto di credito.

In conclusione, dunque, non vi è dubbio che l’atto di costituzione di un fondo patrimoniale da parte del fideiussore implichi un pericolo di danno per il creditore, dal momento che il vincolo di destinazione impresso ai beni così conferiti comporta che essi non siano aggredibili per debiti che i creditori sapevano essere stati contratti per bisogni estranei alla famiglia.

 

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