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Slogan e Marchi: una panoramica delle più recenti decisioni giurisprudenziali

Il mondo della comunicazione commerciale è sempre più invaso da slogan accattivanti. “Just do it”, “Impossible is nothing”, “Think different”, sono tutti messaggi promozionali attraverso i quali le aziende tentano di connotarsi positivamente agli occhi del proprio pubblico. Ma quale è la tutela di tali slogan? E, soprattutto, gli slogan possono essere registrati come marchi?

Lo spunto per questa riflessione è fornito da alcune recenti decisioni comunitarie che si sono appunto espresse sulla registrabilità o meno di slogan come marchi.

La prima riguarda il tentativo della società britannica Miles-Bramwell Executive Services Ltd. di registrare come marchio lo sloganTOUCHING HEARTS, CHANGING LIVES” per prodotti e servizi rientranti nelle classi merceologiche n. 9, 16, 35, 41 e 44 per lo più riferiti al mondo del fitness e delle diete. Il Board of Appeal dell’UAMI ha rigettato tale domanda di registrazione (R 2530/2014-4 decisione del 15 aprile 2015), innanzitutto evidenziando che un marchio costituito da uno slogan pubblicitario deve essere considerato privo della capacità di distinguere prodotti e servizi – e quindi non registrabile – se è percepito dal pubblico unicamente come messaggio promozionale e non anche come indicatore dell’origine imprenditoriale dei prodotti di una certa azienda. Ebbene, Il Board of Appeal ha ritenuto che lo slogan in questione fosse mirato a persuadere il consumatore che i beni e servizi a cui si riferisce potessero aiutarlo a migliorare il proprio stile di vita. Il che, tuttavia, non offre alcun elemento sulla provenienza di tali prodotti o servizi. Vano è stato il tentativo del titolare della domanda di marchio di porre l’accento sulle particolarità grammaticali dello slogan (l’utilizzo di due verbi nella stessa forma verbale e di parole di lunghezza similare). Anzi, tale considerazione ha rafforzato l’opinione del Board of Appeal secondo cui tali elementi non fanno altro che aumentare la percezione di tale segno come mero messaggio pubblicitario invece che come marchio. 

Una seconda importante decisione è poi quella concernente la domanda di registrazione come marchio dello sloganINVESTING FOR A NEW WORLD” (T-59/14 – decisione del 29 gennaio 2015) da parte del fondo di investimento Black Rock. Anche tale domanda di registrazione è stata rifiutata. Il Tribunale europeo ha infatti sottolineato che questo slogan viene percepito dai consumatori unicamente in chiave pubblicitaria,  essendo peraltro privo di originalità e facilmente riconducibile ai servizi di investimento finanziario a cui si riferisce. Ed infatti, il Tribunale ha specificato che il messaggio convogliato da tale slogan evoca la circostanza per cui, acquistando i servizi in questione, i capitali investiti “creano opportunità in un nuovo mondo”. Anche tale segno è quindi stato ritenuto privo della necessaria capacità distintiva per essere registrato come marchio. 

Per gli stessi motivi, il Tribunale europeo ha altresì confermato il rigetto della domanda di registrazione dello slogan “SO WHAT DO I DO WITH MY MONEY”, anch’essa depositata dal fondo Black Rock (T-609/13 – decisione del 29 gennaio 2015). Ancora una volta, lo slogan (“Quindi cosa faccio con i miei soldi?”) è stato ritenuto privo di originalità e strettamente legata ai servizi di investimento che avrebbe dovuto contraddistinguere.

Stessa sorte è toccata alla formula “PASSION TO PERFORM” di cui Deutsche Bank ha chiesto la registrazione come marchio (T-291/12 – decisione del 25 marzo 2014). Nuovamente, il Tribunale ha rilevato la mancanza di capacità distintiva dello slogan in questione, poiché percepito dal pubblico unicamente come una promessa che Deutsche Bank porterà a termine gli incarichi affidatigli con passione. Insomma un mero  messaggio pubblicitario di carattere elogiativo.

Quand’è pertanto che uno slogan può essere registrato come marchio?

Per rispondere a questa domanda è utile riferirsi ad una decisione, per il vero non così recente, che tuttavia costituisce il leading case citato anche dalle decisioni precedentemente esaminate. La decisione in questione ha riguardato la domanda di registrazione da parte della celebre casa automobilistica AUDI dello slogan “VORSPRUNG DURCH TECHNIK” (“Avanti grazie alle tecnologia” – C-398/08, decisione del 21 gennaio 2010). Ribaltando le precedenti decisioni amministrative e del Tribunale europeo, la Corte di Giustizia europea ha ritenuto registrabile lo slogan in questione poiché dotato di capacità distintiva. In particolare, la Corte ha ritenuto che tale slogan, per quanto semplice, non potesse essere considerato “ordinario” quanto invece dotato di una certa originalità e ricchezza di significato così da risultare idoneo ad indicare l’origine commerciale dei prodotti per i quali ne è stata domandata la registrazione. A tale conclusione, di segno opposto rispetto alle precedenti decisioni, ha senz’altro contribuito la circostanza per la quale tale slogan risulta essere utilizzato da molti anni da parte di AUDI ed è dunque divenuto celebre presso il pubblico germanofono. Il che è sintomatico della sua acquisita capacità di indicare l’origine commerciale delle auto della casa tedesca.

In conclusione, possiamo affermare che affinché uno slogan possa essere registrato come marchio è necessario che questo abbia un certo gradiente di originalità (ad es. consista in un gioco di parole che richieda un minimo sforzo interpretativo – v. caso AUDI), una scarsa attinenza con i prodotti/servizi a cui si riferisce e sia idoneo in concreto a fungere da indicatore della loro origine imprenditoriale. Con la precisazione che il diffuso utilizzo di uno slogan nel tempo, soprattutto se sostenuto da ingenti investimenti pubblicitari, è senz’altro un elemento che ne facilita la registrazione come marchio, creando nel pubblico quel necessario legame tra claim e origine imprenditoriale di prodotti e servizi, originariamente inesistente.

 

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