La Commissione europea presenta la proposta di revisione del SFDR con l’obiettivo di semplificare la normativa in mate...

Il 20 novembre 2025 la Commissione europea ha pubblicato la proposta di modifica del Regolamento UE 2019/2088 (“SFDR”) intervenendo in modo significativo sulla disciplina dei prodotti finanziari sustainability-related con l’intenzione di superare le ambiguità del testo vigente e semplificarne l’applicazione a tutela del mercato finanziario e degli investitori.
In particolare, come emerge dai “Considerando” del nuovo testo, la riforma intende allineare il quadro costruito dal Regolamento SFDR all’intero framework UE in materia finanziaria e di sostenibilità, al fine di trarne una normativa:
- semplificata: riduzione degli obblighi di disclosure per i partecipanti ai mercati finanziari e riduzione dell’ambito applicativo soggettivo;
- chiara: introduzione di un nuovo sistema di classificazione dei prodotti sustainability-related, nuove regole per i prodotti non categorizzati e specifici divieti relativi al marketing e naming dei prodotti finanziari;
- coerente: modifica delle disposizioni che ne consentiranno l’allineamento alla CSRD, al Reg. Tassonomia e alla CSDDD.
Modifica dell’ambito di applicazione soggettivo
Nell’ottica di rendere più efficiente e coerente la disciplina, la Commissione propone di escludere i gestori di portafogli individuali e i “consulenti finanziari” dall’ambito di applicazione del SFDR, così che la nozione dei “partecipanti ai mercati finanziari” viene limitata, nei fatti, ai soli produttori di “prodotti finanziari” (le c.d. “case prodotto”, le SGR/OICR, le imprese di assicurazioni, i fondi pensione / schemi pensionistici).
Revisione degli obblighi di trasparenza
Uno degli interventi più rilevanti riguarda la proposta di abrogazione degli standard tecnici di cui al Regolamento (UE) 2022/1288 e la conseguente eliminazione dei template di informativa pre-contrattuale previsti negli Allegati II e III di tale Regolamento.
Viene anche proposta l’abrogazione degli articoli 4 e 5 del vigente SFDR, relativi – rispettivamente – agli obblighi di trasparenza degli effetti negativi per la sostenibilità a livello di soggetto e all’obbligo di integrare i rischi di sostenibilità nelle politiche di remunerazione dei partecipanti ai mercati finanziari.
Mette conto notare che la riforma elimina soltanto gli obblighi a livello di ente, ma lascia fermi i medesimi obblighi a livello di prodotto, in quanto vengono previsti per gli strumenti appartenenti alle categorie Transizione (art. 7) e Sostenibile (art. 9), di cui si dirà infra.
Nuovo sistema di classificazione dei prodotti sustainability-related (artt. 7, 8, 9)
L’intervento più importante della proposta è la sostituzione degli attuali strumenti c.d. “light-green” e “dark-green” con un sistema di classificazione dei prodotti finanziari che, almeno all’apparenza, è più rigido. Vengono, infatti, interamente riformulati gli articoli 7, 8 e 9 del SFDR.
Viene, inoltre, riformulato il c.d. “principio DNSH” (“do-no-significant-harm”) che, da principio generale che governava il modo in cui i “partecipanti ai mercati finanziari” investono, diventa elemento che integra la struttura del prodotto, in quanto viene chiesto di rendere noto al mercato gli impatti negativi degli investimenti compiuti con il singolo prodotto da essi gestito e la strategia adottata per mitigarli.
Le tre nuove categorie — “Transizione”, “ESG Basics” e “Sostenibili” — sono accompagnate da criteri di ammissibilità degli investimenti, esclusioni obbligatorie e specifici requisiti di disclosure.
In particolare, un prodotto può appartenere alla categoria “Transizione” solo se:
- destina almeno il 70% degli investimenti ad obiettivi di transizione chiari e misurabili, attraverso investimenti nelle asset class ammissibili di cui al comma 2 dell’art. 7;
- rispetta le esclusioni previste dal Reg. 2020/1818, incluse: armi controverse, tabacco, violazioni dei principi ONU/OCSE, imprese con ≥1% dei ricavi da carbone o lignite, oltre alle ulteriori esclusioni per imprese che sviluppano nuovi progetti fossili o prive di un piano di phase-out dal carbone;
- identifica e comunica i principali impatti negativi degli investimenti (PAI a livello di prodotto) e le relative misure di mitigazione.
Un prodotto può, invece, appartenere alla categoria “ESG Basics” solo se:
- investe almeno il 70% della propria raccolta in strumenti che integrano in modo sistematico fattori ambientali, sociali e di governance, utilizzando indicatori e criteri chiaramente definiti nella documentazione precontrattuale investendo nelle asset class ammissibili di cui al comma 2 dell’art. 8;
- applica le esclusioni minime del Reg. 2020/1818;
- descrive con trasparenza la strategia ESG e le fonti dei dati utilizzati, potendo fornire su base volontaria informazioni sui PAI.
Un prodotto, infine, può appartenere alla categoria “Sostenibile” solo se:
- destina almeno il 70% degli investimenti al perseguimento di obiettivi di sostenibilità chiari, misurabili e verificabili, investendo nelle asset class ammissibili di cui al comma 2 dell’art. 9;
- applica tutte le esclusioni previste dall’art. 12 del Reg. 2020/1818 (PAB complete);
- identifica e rendiconta i PAI a livello di prodotto, illustra le misure adottate per mitigarli e, per i prodotti con finalità ambientali, fornisce le informazioni relative all’allineamento alla Tassonomia UE.
Regole per i prodotti “non categorizzati” (nuovo art. 6-bis)
La Commissione, pur avendo scelto di introdurre un sistema di categorizzazione più rigido, non ha introdotto un divieto altrettanto rigido per i prodotti “fuori-categoria” di promuovere le proprie eventuali caratteristiche di sostenibilità.
Infatti, per prodotti non classificati ai sensi degli artt. 7, 8 o 9 della nuova formulazione viene consentita un’informativa limitata sui rischi e sui fattori ESG, nel rispetto delle seguenti condizioni:
- facoltà di includere informazioni sulla considerazione dei rischi di sostenibilità e sull’integrazione dei fattori ESG, purché tali elementi non diventino centrali nella comunicazione del prodotto;
- divieto all’utilizzo di riferimenti alla sostenibilità o alla transizione nella denominazione del prodotto;
- divieto, nelle comunicazioni di marketing, di formulare dichiarazioni di sostenibilità, salvo la menzione di elementi descrittivi dei rischi di sostenibilità cui il prodotto è esposto;
- nel caso di inclusione dei riferimenti ESG nella documentazione precontrattuale, obbligo di fornire una rendicontazione periodica sul grado di attuazione degli stessi, a fini di trasparenza verso gli investitori.
Impact investing
Altra novità della proposta è il riconoscimento formale dell’impact investing. L’art. 2 introduce la definizione di “sustainability-related financial product with impact”, cioè un prodotto finanziario:
- che deve essere classificabile ai sensi dell’art. 7 (Transition) o dell’art. 9 (Sustainable), e
- che abbia come obiettivo la generazione di un impatto positivo, predefinito e misurabile, in ambito ambientale o sociale.
Altre novità del pacchetto SFDR 2.0
La proposta include, inoltre, una serie di interventi trasversali volti a garantire coerenza alla normativa. In particolare:
- viene incluso il riferimento al – e coordinamento con il – Regolamento Tassonomia. In sostanza, gli obblighi di disclosure di cui al SFDR saranno allineati alle disposizioni del Reg. Tassonomia, anche con riferimento alle nuove categorie di prodotti “sustainability-related”;
- il nuovo art. 13 definisce regole armonizzate per l’utilizzo dei riferimenti di sostenibilità, per ciascuna categoria, nelle denominazioni dei prodotti e nelle comunicazioni di marketing, con l’intenzione di introdurre un più efficace presidio contro il greenwashing nel settore finanziario.
