Moda e sostenibilità: l’AGCM riconosce gli impegni su filiera e trasparenza

L’AGCM ha chiuso il procedimento avviato nel 2024 contro le società di un noto brand riguardante dichiarazioni ingannevoli in tema di responsabilità sociale. L’istruttoria si è concentrata su presunte violazioni degli standard lavorativi nella filiera italiana del brand, emerse anche da indagini penali della Procura di Milano. Il brand ha collaborato proponendo cinque impegni: una nuova sezione sul sito dedicata alla sostenibilità e agli audit, il potenziamento dei controlli sui fornitori, la creazione di una funzione interna di vigilanza, un programma formativo periodico e un fondo da 2 milioni per il reinserimento lavorativo delle vittime di sfruttamento. Ritenendo gli impegni idonei a superare i profili critici, l’AGCM ha chiuso il procedimento senza sanzioni, ma con obblighi di attuazione e monitoraggio. Questo provvedimento rappresenta un importante modello di riferimento per la sostenibilità nel settore moda e un interessante precedente in materia di trasparenza e corretta gestione della filiera.
Il provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), adottato il 13 maggio 2025, conclude il procedimento avviato nei confronti di alcune società appartenenti ad un noto gruppo del settore della moda di lusso (“brand”)) – tutte appartenenti ad un noto gruppo del settore del lusso – in merito a una presunta violazione degli articoli 20 e 21 del Codice del Consumo, relativa alla diffusione di dichiarazioni etiche e di responsabilità sociale potenzialmente ingannevoli. L’istruttoria ha preso avvio il 9 luglio 2024, in connessione anche con i rilievi emersi nell’ambito di accertamenti penali condotti dalla Procura di Milano, che avevano sollevato dubbi sull’effettiva conformità delle condizioni lavorative presso alcuni laboratori della filiera del brand in Italia rispetto agli standard pubblicamente dichiarati. In particolare, si è ipotizzato che alcune produzioni affidate a soggetti terzi presentassero condizioni di lavoro gravemente non conformi: salari inadeguati, orari eccessivi, violazioni in tema di sicurezza e igiene, il tutto in contraddizione con i codici di condotta e le affermazioni contenute nel sito del brand e nei documenti ufficiali del gruppo di appartenenza. Il brand, pur affermando la correttezza del proprio operato e l’adeguatezza del proprio sistema di selezione e controllo dei fornitori, ha manifestato spirito collaborativo e ha presentato una articolata proposta di impegni ai sensi dell’art. 27, comma 7, del Codice del Consumo e dell’art. 10 del Regolamento AGCM (Delibera n. 31356/2024), sottolineando che l’accoglimento degli stessi da parte dell’Autorità sarebbe funzionale non solo alla conclusione dell’istruttoria ma anche a fornire un benchmark per l’intero settore moda, in linea con i criteri di mappatura dei rischi di impatto negativo (effettivo e potenziale) su ambiente e diritti umani, lungo l’intera catena di attività, introdotti con la Direttiva (UE) 2024/1760 Corporate Sustainability Due Diligence (CSDDD) e suscettibili di revisione, anche profonda, all’esito del percorso di approvazione del Pacchetto Omnibus. Proprio nel solco di tale percorso, il provvedimento dell’AGCM assume particolare rilevanza, dal momento che, a prescindere dagli esiti del Pacchetto Omnibus, sancisce, una volta di più, l’importanza, per le imprese, di effettuare un adeguata verifica delle terze parti lungo l’intera catena del valore, anche attraverso l’adozione o l’aggiornamento di modelli di organizzazione e gestione integrati, capaci di sfruttare lo stesso ambiente di controllo per mappare e gestire al meglio anche i rischi di sostenibilità.
Gli impegni presentati dal brand sono articolati su cinque assi principali:
- Una profonda revisione della sezione “Sustainability” del sito web aziendale, che verrà sostituita da una nuova area accessibile dalla homepage e dedicata a fornire informazioni dettagliate sulla filiera produttiva italiana, sulle modalità organizzative di una delle società del brand, sugli standard etici imposti ai fornitori (collegati al Codice di Condotta dei Fornitori, recentemente rinominato “Codice di Condotta dei Fornitori e dei Partner Commerciali”), sui criteri di selezione, e sui risultati aggregati degli audit condotti. In particolare, verrà esplicitato che il brand è consapevole della possibilità di violazioni isolate da parte di fornitori terzi e che, in tal caso, una delle società del brand interverrà con severità, attivando strumenti contrattuali fino alla risoluzione del rapporto. Sarà inoltre riportato il numero e la tipologia degli audit eseguiti annualmente, nonché gli esiti (positivi o negativi) in forma aggregata. Tali modifiche, adottate “per superare i rilievi paventati in sede di avvio”, mirano a chiarire che il perseguimento degli obiettivi etico-sociali è un processo continuo, specialmente quando coinvolge soggetti non direttamente controllati.
- Un rafforzamento dell’attuale processo di selezione e audit dei fornitori, già definito dal brand come serio e conforme alle best practice. Nonostante la fiducia nella bontà del proprio sistema, il brand si è detto pronto a migliorarne ulteriormente l’efficacia, introducendo nuove tipologie di audit, creando un’unità interna dedicata alla gestione e supervisione dei controlli, sviluppando una piattaforma digitale per l’archiviazione e il monitoraggio dei dati, aggiornando le Condizioni Generali di Acquisto e modificando la composizione dell’Organismo di Vigilanza 231 e del Collegio Sindacale.
- Il terzo impegno si distingue per il suo valore sociale e sistemico: il brand si impegna a finanziare, con un contributo di 2 milioni di euro in cinque anni, una o più iniziative promosse da enti indipendenti e qualificati – pubblici o privati – volte all’identificazione delle vittime di sfruttamento lavorativo e al loro reinserimento socio-lavorativo attraverso percorsi di assistenza, formazione, protezione e inclusione. Tali iniziative, espressamente concepite come aperte a tutti i brand operanti in Italia, sono pensate per intervenire anche nei confronti dei lavoratori delle filiere coinvolte dalle indagini milanesi, indipendentemente dal brand e dall’avvio di eventuali procedimenti. La relazione di destinazione dei fondi sarà trasmessa all’AGCM entro 120 giorni dalla chiusura del procedimento.
- La creazione di una nuova funzione aziendale all’interno di una delle società del brand – dotata di budget autonomo e sottoposta in ultima istanza alla capogruppo del brand – incaricata di verificare e monitorare l’osservanza del Codice di Condotta del gruppo di appartenenza, della normativa applicabile e del modello organizzativo 231. Tale funzione avrà poteri di segnalazione all’Organismo di Vigilanza, parteciperà ai comitati di valutazione fornitori, supporterà direttamente gli audit e redigerà un rapporto annuale da trasmettere all’AGCM, almeno per i primi tre anni, in vista dell’entrata in vigore della direttiva UE 2024/1760.
- Implementazione di un programma formativo ricorrente, sia interno sia esterno. Il brand organizzerà almeno due seminari all’anno per il proprio personale in Italia che opera in ambito marketing, comunicazione e media, focalizzati sulla normativa a tutela del consumatore e sugli standard etici nella comunicazione commerciale. Parallelamente, verranno promosse sessioni formative, anch’esse semestrali, dedicate ai fornitori e sub-fornitori, riguardanti la normativa sul lavoro, la sicurezza, e i principi etici aziendali.
L’AGCM, valutata la portata, la coerenza e la rilevanza degli impegni assunti, ha ritenuto che questi siano idonei a superare i profili di eventuale scorrettezza rilevati all’avvio del procedimento, in particolare in relazione al potenziale effetto ingannevole delle dichiarazioni etiche diffuse online – effetto amplificato dal mezzo stesso, secondo il parere dell’AGCOM. La chiusura del procedimento senza accertamento di infrazione, ai sensi dell’art. 27, comma 7, è stata pertanto disposta, con l’obbligo per il brand di dare attuazione alle misure entro i termini previsti (due mesi per gli impegni 1 e 2, tre mesi per gli impegni 4 e 5), di fornire prova dell’attuazione entro 120 giorni dalla pubblicazione della delibera, e di trasmettere annualmente una relazione sull’impegno n. 3 per i successivi cinque anni. La decisione prevede la possibilità di riapertura del procedimento qualora emergano inadempienze, mutamenti di fatto o dichiarazioni fuorvianti. L’AGCM ha inoltre sottolineato come, in un’ottica di sistema, gli impegni assunti possano fungere da modello settoriale, contribuendo a elevare gli standard minimi nel settore moda e nel sistema produttivo italiano in generale.