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Datore di lavoro e test sierologici Covid-19, quali risposte ha dato il Garante Privacy?

Cosa può fare il datore di lavoro in materia di test sierologici Covid-19?

Il datore di lavoro, secondo le indicazioni fornite dal Garante Privacy nelle proprie FAQ relative al trattamento dei dati nel contesto lavorativo pubblico e privato nell’ambito dell’emergenza sanitaria, può:

  • richiedere ai propri dipendenti di effettuare test sierologici solamente solo se disposti dal medico competente e, in ogni caso, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie;
  • offrire ai propri dipendenti, anche sostenendone in tutto o in parte i costi, l’effettuazione di test sierologici presso strutture sanitarie pubbliche e private (es. tramite la stipula o l’integrazione di polizze sanitarie ovvero mediante apposite convenzioni con le stesse), senza poter conoscere l’esito;
  • ove coinvolto dal dipartimento di prevenzione locale, veicolare ai propri lavoratori l’invito ad aderire alle campagne di screening avviate dalle autorità sanitarie competenti a livello regionale relative ai test sierologici Covid-19.

Quali dati può trattare il datore di lavoro?

Il Garante Privacy precisa, inoltre, che il datore di lavoro:

  • non può trattare, salvo i casi espressamente previsti dalla legge, i dati relativi alla diagnosi e all’anamnesi familiare del lavoratore;
  • può trattare i dati relativi al giudizio di idoneità alla mansione specifica e alle eventuali prescrizioni o limitazioni che il medico competente può stabilire come condizioni di lavoro.

Chi può fare le visite e gli accertamenti?

Le visite e gli accertamenti, anche ai fini della valutazione della riammissione al lavoro del dipendente, devono essere posti in essere dal medico competente o da altro personale sanitario, e, comunque, nel rispetto delle disposizioni generali che vietano al datore di lavoro di effettuare direttamente esami diagnostici sui dipendenti.

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