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Quando il figlio maggiorenne si considera economicamente autosufficiente?

Secondo la Corte d’appello di Firenze, la capacità di mantenersi del figlio maggiorenne deve ritenersi presunta oltre i trent’anni.

Ad avviso della Corte territoriale, infatti, a questa età ‘una persona normale deve presumersi autosufficiente da ogni punto di vista, anche economico, salvi comprovati deficit, come avviene in tutte le parti del mondo, ma meno in Italia; né la mancanza congiunturale del lavoro, in dati momenti storici, equivale ad incapacità di mantenersi, potendo essa riguardare anche persone più avanti con l’età (..), senza che ciò faccia sopravvivere l’obbligo parentale di mantenimento, il quale altrimenti si trasformerebbe in una copertura assicurativa.’

Il caso riguarda il figlio di 33 anni che ha da tempo concluso gli studi e lavora come insegnante supplente di musica, con redditi modesti e un posto di lavoro precario.

Secondo la Corte di Cassazione, a cui è stato rimesso il controllo di legittimità, per capire quando il figlio maggiorenne si può considerare economicamente autosufficiente, occorre interpretare correttamente il disposto dell’art. 337 septies, comma I, c.c..

L’obbligo di mantenimento del maggiorenne non è stabilito in maniera diretta ed automatica dal legislatore, ma è il giudice che, verificate le circostanze concrete, assumerà una decisione caso per caso.

Non bisogna dimenticare, infatti, che la legge individua un momento preciso in cui l’obbligo di contribuzione dei genitori viene meno ed è il raggiungimento dei 18 anni, età in cui il minore acquista la capacità di agire e la libertà di autodeterminarsi.

Ciò significa, secondo la Suprema Corte, che non serve una prescrizione legislativa ulteriore che stabilisca in modo preciso l’età in cui l’obbligo di mantenimento del figlio viene meno perché, in realtà, già esiste ed è rinvenibile nel raggiungimento dei 18 anni.

Il mantenimento del figlio che abbia più di 18 anni non è scontato, ma non può determinarsi a priori a quale età oppure oltre quale età il mantenimento deve sicuramente venire meno.

Il richiedente dovrà provare che permane il diritto del figlio alla contribuzione a proprio favore per l’esistenza, ad esempio, di un percorso di studi o di formazione ancora in divenire, in costanza di un tempo ragionevolmente necessario per trovare un’attività lavorativa o una sistemazione in grado di assicurare l’indipendenza economica.

Il concetto è quello della c.d. capacità lavorativa, intesa come adeguatezza a svolgere un lavoro, in particolare un lavoro remunerato. Essa si acquista con la maggior età, quando la legge presuppone raggiunta l’autonomia ed attribuisce piena capacità lavorativa, da spendere sul mercato del lavoro, tanto che si gode della capacità di agire (e di voto): salva la prova di circostanze che giustifichino, al contrario, il permanere di un obbligo di mantenimento’. (Cass. civ. n. 17183 del 14.8.2020)

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