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Sindrome da alienazione parentale: le conclusioni della Procura Generale della Cassazione

La Procura generale della Corte di Cassazione è intervenuta in un recente caso con udienza fissata per il 15.3.2021, criticando severamente l’applicazione in giudizio della PAS – Parental Alienation Syndrome.

Nel caso affrontato, un minore era stato allontanato dalla madre e collocato in una casa famiglia, sebbene avesse chiaramente dichiarato ai Carabinieri di aver subito maltrattamenti da parte del padre ‘con schiaffi al viso, anche con pugni alle braccia/spalle ogni qualvolta gli faceva presente di voler vedere la madre’.

La decisione presa dalla Corte d’appello, secondo la Procura, non ha avuto validi fondamenti. La Corte, infatti, non ha avuto riguardo al best interest del minore e ha fondato la propria decisione di limitazione della responsabilità genitoriale della madre sulla base di concetti evanescenti quali ‘l’eccessivo invischiamento’, ‘il rapporto fusionale’, privi di prova su fatti concreti di pregiudizio in capo al figlio.

Questi concetti, secondo la Procura, non hanno basi oggettive o scientifiche, ma sono mere valutazioni soggettive e per tali ragioni pongono la parte nell’impossibilità di svolgere una difesa.

La Corte attribuisce alla madre ‘problematiche di personalità (..) gravemente inficianti la genitorialità’, senza specificare quali effetti pregiudizievoli sarebbero ricaduti sul figlio, che non presenta disturbi della personalità, né patologie e contesta alla madre ‘di aver indotto al convincimento che l’interazione con un genitore (la madre) dovesse determinare l’esclusione dell’altro e del di lui ramo famigliare’.

La Corte non ha tenuto in considerazione che il figlio aveva chiaramente indicato per quale ragione non voleva stare con il padre, visti i maltrattamenti subiti, e ha imputato alla madre l’allontanamento morale e materiale dal padre.

La Procura censura anche il mancato ascolto del minore da parte del giudice del merito. L’audizione dei minori che abbiano compiuto gli anni 12 o degli infradodicenni, purchè capaci di discernimento (art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo), è imprescindibile nei procedimenti che li riguardano e, ove omessa, deve essere fornita una espressa e circostanziata motivazione.

E’ con l’ascolto che il minore diventa vero e proprio soggetto di diritto e può manifestare la propria opinione nei giudizi che lo riguardano, opinione che deve essere tenuta nella debita considerazione affinchè sia effettivamente realizzato il suo interesse

La Corte territoriale non ha agito come imposto dalle norme nazionali e sovranazionali, muovendo dal pregiudizio della totale adesione del minore al pensiero della madre manipolatrice.

La Procura richiama, infine, la sentenza della Corte costituzionale 96/1981 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del reato di plagio, rimarcando la necessità di poter accertare su un piano scientifico un condizionamento, a partire da comportamenti concreti.

Il Giudice delle leggi in quell’occasione ha ritenuto che perché una norma possa essere determinata deve regolare un fenomeno “effettivamente accertabile dall’interprete in base a criteri razionalmente ammissibili allo stato della scienza e dell’esperienza attuale”. Questa sentenza, anche per la vicinanza tematica con la materia in esame, che vuole il minore totalmente soggiogato dalla madre, sino a indurlo a rifiutare il padre, non può essere dunque accantonata ai giorni nostri, esprimendo un principio indiscusso che, se in materia penale ricopre uno status particolarmente elevato a livello costituzionale, dovrebbe essere comunque assunto a punto di partenza imprescindibile per l’attività di qualsiasi autorità giudiziaria, ancor di più se la sua decisione può incidere su diritti fondamentali come quelli del minore ai suoi legami familiari, essenziali per lo sviluppo della sua personalità e sulle sue libertà inviolabili’.

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