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Criticare senza diffamare si può. A quali condizioni?

Con una interessante sentenza n. 3907/2025 del 14 agosto 2025 il Tribunale di Torino si è pronunciato sulle domande formulate da un professionista che lamentava di essere stato diffamato in conseguenza delle dichiarazioni rese da altra professionista su un giornale a diffusione nazionale, dichiarazioni riportate “virgolettate” all’interno di due articoli pubblicati a firma di due giornaliste.

Il percorso logico-argomentativo della sentenza parte dal presupposto che, avendo l’attore chiamato in giudizio soltanto la professionista e non le giornaliste, né l’editore del quotidiano, né il direttore responsabile, l’oggetto del giudizio doveva ritenersi limitato alle sole affermazioni della professionista chiamata in giudizio e non anche all’intero contenuto degli articoli pubblicati.

La professionista convenuta in giudizio invocava di aver legittimamente esercitato il diritto di critica non condividendo l’approccio metodologico del Collega, critica condivisa, secondo quanto allegato, da una parte della comunità scientifica ed anche da parte della magistratura giudicante che, in più occasioni, aveva disatteso, secondo quanto allegato da parte convenuta, l’approccio metodologico di parte attrice.

Richiamando la giurisprudenza consolidata sul tema, il Tribunale di Torino osserva come “il diritto di critica può essere esercitato da chiunque, quale estrinsecazione della libera manifestazione del pensiero, ed ha rango costituzionale al pari del diritto all’onore e alla reputazione, sul quale tuttavia prevale, scriminando l’illiceità dell’offesa, a condizione che siano rispettati, per l’appunto, i limiti della continenza verbale, della verità dei fatti attribuiti alla persona offesa e della sussistenza di un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti oggetto della critica. Il diritto di critica, dunque, non si concreta in una mera narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi e, tuttavia, per riconoscere efficacia esimente all’esercizio di tale diritto occorre che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive (v. Cass. 11.7.2025, n. 19091)”.

Sotto il profilo della continenza, poi, “il diritto di critica si concretizza in un giudizio valutativo che postula l’esistenza del fatto assunto ad oggetto o spunto della prospettazione critica ed una forma espositiva non ingiustificatamente sovrabbondante rispetto alle censure espresse e, conseguentemente, esclude la punibilità di coloriture ed iperboli, toni aspri o polemici, linguaggio figurato o gergale, purché tali modalità espressive siano proporzionate e funzionali all’opinione o alla prospettazione di una violazione, in considerazione degli interessi e dei valori che si ritengono compromessi”.

Applicando tali principi al caso di specie ritiene il Tribunale che le frasi contestate non superino il requisito della continenza sostanziale e formale.

Quanto all’aspetto sostanziale ritiene il Tribunale che oggetto dell’analisi critica siano le scelte di metodo e le tecniche utilizzate dall’attore nello svolgimento della sua attività professionale che possono essere giudicate di pubblico interesse, essendo il tema metodologico non limitato al dibattito degli esperti del settore ma portato, invece, all’attenzione del grande pubblico.

Con riguardo al substrato fattuale che accompagna l’esercizio del diritto di critica osserva il Tribunale come esso debba essere vero o ragionevolmente ritenuto vero per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive (v. Cass. 23.2.2024, n. 4955).

“L’attenuazione del rigore del requisito della verità oggettiva della notizia fatta oggetto di critica, nell’esercizio della libera manifestazione del pensiero, è dunque consentita nella misura in cui sia rispettato il ‘nucleo essenziale’ di veridicità del fatto narrato, non esigendosi l’esposizione di tutti i particolari in modo asettico e neutrale: non è dunque necessario “ a differenza di quanto si verifica con riguardo al diritto di cronaca, che la critica sia formulata con riferimento a precisi dati fattuali, sempre che il nucleo ed il profilo essenziale dei fatti non siano strumentalmente travisati e manipolati.” (Cass.6.2.2007, n. 11662).

Nel caso di specie, tenuto conto dell’attività professionale svolta dalla convenuta, deve ritenersi, osserva il Tribunale, che ricorra il presupposto della cd. verità putativa dei fatti narrati, dovendosi ritenere che tali circostanze soggettive possano aver ragionevolmente fatto ritenere alla professionista convenuta in giudizio la verità dei fatti narrati.

Dal punto di vista formale osserva poi il Tribunale come il linguaggio “pur deciso e pungente – non risulta caratterizzato da toni eccessivi e sproporzionati, né costituisce attacco diretto volto a colpire la figura morale e professionale dell’attore”.

Su tali basi il Tribunale, con sentenza non definitiva, respingeva, dunque, le domande risarcitorie avversarie.

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