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Update | Annullata sanzione del Garante Privacy: i termini per la contestazione delle violazioni sono inderogabili

Il Tribunale di Roma ha stabilito che il Garante Privacy ha un termine inderogabile per la contestazione di una violazione al titolare di un trattamento: ne deriva che se non viene rispettato la sanzione può essere annullata. Di seguito l’analisi dettagliata della sentenza del Tribunale.

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La vicenda

Con sentenza del 13 febbraio 2023, il Tribunale di Roma ha affrontato questioni procedurali di fondamentale importanza relative ai procedimenti dinanzi all’Autorità Garante della Protezione dei Dati Personali (di seguito “Garante”). La controversia oggetto di questa sentenza origina dall’impugnazione, da parte di un titolare del trattamento sanzionato, di un provvedimento sanzionatorio emesso dal Garante. In particolare, il Tribunale, accogliendo quanto dedotto dal titolare/ricorrente, ha annullato il provvedimento ritenendo tardiva la contestazione delle violazioni da parte del Garante.

Le domande

Come noto, il Garante ha un termine di 120 giorni dall’accertamento della violazione per la notificazione della stessa, così come stabilito dal regolamento 2/2019 emanato dal Garante stesso. Le domande fondamentali cui il Tribunale ha dato risposta con la sentenza qui in esame sono essenzialmente due:

  1. Il termine di 120 giorni è un termine perentorio o ordinatorio?
  2. Da quando decorre il termine di 120 giorni?
Le risposte

Per quanto concerne il primo quesito, nelle motivazioni della sentenza si legge che in materia sanzionatoria la perentorietà dei termini entro i quali l’autorità procedente deve concludere le varie fasi del procedimento, sino al provvedimento finale, è presupposto irrinunciabile per l’effettivo rispetto di principi fondamentali dell’ordinamento. I principi fondamentali richiamati, in particolare, sono i seguenti: il diritto di difesa, la certezza del diritto e, più in generale, la stessa rule of law. La certezza dei tempi entro i quali un’autorità deve iniziare e concludere un procedimento amministrativo è un requisito imprescindibile per il rispetto di tali principi. Tutti questi principi non tollerano, tanto più in materia sanzionatoria, spazi di arbitrio dell’autorità.

Con riguardo alla seconda questione, relativa alla decorrenza del termine, il Tribunale si discosta dall’orientamento dominante in giurisprudenza, che individua il dies a quo nel momento in cui l’autorità acquista piena conoscenza della condotta illecita. Il Tribunale, infatti, solleva alcune obiezioni a questa tesi, affermando che tale formulazione conduce alla fissazione di un termine incerto, in quanto rimesso alla mera volontà dell’organo amministrativo. Il Tribunale ricorda un altro importante principio generale, secondo il quale i termini – e dunque la loro decorrenza – per il compimento di un atto o l’adozione di un provvedimento destinato ad incidere sulla situazione soggettiva di un singolo non possono mai essere rimessi alla libera volontà dell’autorità che quell’atto o provvedimento è chiamata a compiere od emettere. Se così fosse, infatti, il termine stesso sarebbe del tutto vanificato e si verificherebbe un sacrificio delle posizioni soggettive individuali, assolutamente non compatibile con lo stato di diritto.

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale individua come dies a quo più opportuno la data in cui il Garante riceve le risposte definitive alle sue richieste di informazioni ed eventualmente di ulteriori chiarimenti. Il ragionamento seguito dal Tribunale per arrivare ad individuare questo termine di decorrenza si snoda nei seguenti passaggi: (i) dal raffronto delle segnalazioni e dei reclami con le risposte fornite dal titolare del trattamento è possibile trarre un quadro dell’eventuale sussistenza di una o più violazioni; (ii) se questo non fosse possibile per l’insufficienza delle risposte, il Garante ha ancora la possibilità di chiedere chiarimenti; (iii) se anche all’esito di tali ulteriori richieste le risposte sono insoddisfacenti, sarebbe possibile concludere che vi siano già sufficienti elementi per notificare una formale contestazione. Pertanto, la contestazione deve necessariamente essere notificata allo scadere del termine di 120 giorni decorrente o dall’ultima risposta fornita oppure, in caso di silenzio, dalla scadenza del termine assegnato al titolare per fornirla.

Infine, il Tribunale avanza qualche perplessità anche sull’art. 10 comma 4 del regolamento 1/2019 del Garante, nella parte in cui consente di svolgere l’istruttoria preliminare in relazione a questioni anche pervenute in “tempi diversi”. Tale formulazione, non del tutto chiara, aggiunge un elemento di ulteriore incertezza, in quanto non specifica l’arco temporale entro il quale devono sorgere le questioni per poter essere accorpate e istruite cumulativamente. Pertanto, il Tribunale fornisce una nuova interpretazione della suddetta norma, secondo cui anche le richieste di chiarimenti e informazioni supplementari che il Garante ha la facoltà di chiedere, devono pervenire entro 120 giorni dalla prima risposta. Altrimenti, il silenzio che segue la prima risposta deve essere interpretato nel senso che la risposta era soddisfacente ed era quindi tale da non comportare l’avvio di alcun procedimento.

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