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Investire nel futuro dello sport: come funziona il nuovo apprendistato per i club?

Con l’entrata in vigore della riforma sul lavoro sportivo, l’apprendistato sportivo si afferma come uno strumento innovativo per valorizzare i giovani talenti e costruire il futuro delle società sportive. Questo nuovo contratto, pensato per atleti tra i 15 e i 23 anni, permette di coniugare formazione, pratica sportiva e inserimento lavorativo, offrendo un’opportunità concreta sia per i club dilettantistici sia per quelli professionistici.
Ma quali sono le implicazioni pratiche di questo cambiamento? E come si inserisce questo nuovo modello nel contesto regolamentare, tra vincoli sportivi, diritti degli atleti e novità della FIGC?

GLI SCENARI DEL NUOVO APPRENDISTATO SPORTIVO

Con l’entrata in vigore della riforma del lavoro sportivo (D.lgs. 36/2021), si è aperto un nuovo scenario contrattuale anche per gli atleti in formazione: il contratto di apprendistato sportivo.

Questa forma di rapporto rappresenta una novità significativa nel panorama dello sport, sia per le società dilettantistiche che professionistiche che desiderano valorizzare e professionalizzare i giovani talenti.

L’apprendistato sportivo è un contratto a contenuto formativo che consente a giovani sportivi, di età compresa tra i 15 e i 23 anni, di combinare la pratica sportiva con un percorso di formazione e inserimento nel mondo del lavoro. Il contratto ha una duplice finalità: formativa e occupazionale.

È una forma di apprendistato di primo livello, prevista dall’art. 43 del D.lgs. 81/2015, adattata alle specificità del settore sportivo grazie alla riforma in materia di lavoro sportivo.

Il contratto può essere attivato da società e associazioni sportive dilettantistiche o professionistiche ed è rivolto a giovani atleti tesserati, che stanno ancora completando il proprio percorso scolastico o formativo.

Il contratto prevede ore dedicate alla formazione teorica e ore dedicate alla pratica sportiva.

Ovviamente i vantaggi sono legati alla possibilità per i club di formare atleti “in casa”, secondo la propria metodologia e disciplina, a fidelizzarli al club di appartenenza, a valorizzare il settore giovanile ed il vivaio.

In questo particolare periodo, l’apprendistato sportivo è oggetto di un acceso dibattito fra operatori e addetti ai lavori del settore calcio.

In particolare, dopo che la FIGC ha modificato l’art. 33 del NOIF (Norme organizzative interne federali), prevedendo il diritto per i club di stipulare con i c.d. “giovani di serie” (ovvero i calciatori e le calciatrici di età compresa fra i 14 anni e fino al termine della stagione sportiva che ha inizio nell’anno in cui compiono 19 anni), un contratto di apprendistato professionalizzante, della durata massima di tre anni.

Tale formulazione ha sollevato rilievi in vista della modifica della nozione di vincolo sportivo, ovvero dell’obbligo che lega un atleta a una specifica società sportiva dopo il tesseramento, impedendogli di passare ad una società terza, senza il consenso del club o comunque previo pagamento di un indennizzo.

A partire dal 1° luglio 2025, decadrà il diritto per le società sportive di stipulare unilateralmente contratti di apprendistato con i “giovani di serie”.

Sul punto, la nuova formulazione dell’art. 33 NOIF al comma 2 ter prevede che il “giovane di serie” possa, fino al termine della stagione che inizia nell’anno del compimento del 18° anno, concedere alla società sportiva presso la quale è tesserato, un diritto di opzione per la stipulazione del primo contratto di apprendistato professionalizzante, a condizione che: (i) tale diritto risulti espressamente indicato nel modulo federale di tesseramento e riporti, a pena di nullità, il consenso dell’atleta; (ii) sia indicato il corrispettivo convenuto, per la concessione del diritto di opzione; (iii) abbia una durata massima di due anni (ovvero di un anno qualora lo stesso sia concesso dopo il compimento del 15° anno di età e sia esercitabile nell’ultimo mese di durata del tesseramento).

Sempre ai sensi del NOIF, il “giovane di serie” ha comunque il diritto ad ottenere la qualifica di “professionista” nei confronti del club per cui è tesserato, quando: a) abbia preso parte ad almeno dieci gare di campionato o di Coppa Italia, se in Serie A; b) abbia preso parte ad almeno dodici gare di campionato o di Coppa Italia, se in Serie B; c) abbia preso parte ad almeno quindici gare di campionato o di Coppa Italia, se in Serie C; d) abbia preso parte ad almeno quindici gare di campionato o Coppa Italia, se in Serie A Femminile.

Su questo tema, i club hanno già palesato un certo disagio, soprattutto con riferimento all’aumento degli oneri connessi al nuovo regime di apprendistato.

A fronte di tale complesso scenario nazionale, si aggiunge l’orientamento della FIFA che ha affermato che la sottoscrizione di un “contrat d’apprentissage” francese che stabilisca una retribuzione mensile lorda che ecceda le spese necessarie per l’attività sportiva, determina in capo all’atleta, di per sé, la qualifica di professionista.

Infine, anche da parte degli agenti sportivi si registrano perplessità rispetto alle novità regolamentari relative all’apprendistato, ciò anche alla luce delle previsioni del nuovo Regolamento Agenti Figc, che prevede che nessun corrispettivo sia dovuto all’agente sportivo da parte di calciatori o club che sottoscrivano contratti di apprendistato.

Lo scenario si presenta dunque complesso e variegato, visti anche gli interessi in gioco (apparentemente confliggenti) da parte dei diversi soggetti coinvolti; l’auspicio è che il dialogo e il confronto fra le parti resti costruttivo, nell’ottica di rendere l’apprendistato un efficace strumento per l’inserimento dei giovani atleti al professionismo.

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