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La diffusione di una conversazione acquisita illecitamente

 

La diffusione di una conversazione telefonica acquisita illecitamente: il caso del dott. Fabrizio Barca e del “finto” Nichi Vendola 

Il Garante per la Protezione dei Dati personali è intervenuto, con il provvedimento n. 400 dell’11 settembre 2014 su un caso che è stato elevato agli onori della cronaca nel febbraio scorso.
La nota trasmissione radiofonica “La Zanzara” aveva mandato in onda su Radio 24 uno scherzo telefonico, particolarmente riuscito, al dott. Fabrizio Barca, nell’ambito del quale l’onorevole riceveva una chiamata telefonica da uno dei conduttori della trasmissione che si presentava però al suo interlocutore con l’identità e l’imitazione della voce di Nichi Vendola, suo stretto amico e confidente.
Indotto in errore circa l’identità del proprio interlocutore, il dott. Barca si lasciava andare a commenti ed esternazioni circa la sua possibile candidatura a Ministro dell’Economia del costituendo Governo presieduto da Matteo Renzi.
A seguito della diffusione di tale conversazione nel corso della trasmissione radiofonica “La Zanzara” il dott. Barca presentava una segnalazione al Garante privacy lamentando una violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali ed il mancato rispetto dei principi deontologici della professione di giornalista, che impongono che quest’ultimo renda noto all’interlocutore la propria identità, professione, nonché la finalità della raccolta dei dati e delle informazioni.
Il dott. Barca lamentava che lo scoop era stato foriera di un grave pregiudizio ai suoi danni ostacolando la sua futura collaborazione con il costituendo Governo Renzi, che successivamente, infatti, non si era concretizzata. Lamentava, altresì una grave lesione delle sue opportunità di azione come soggetto politico pubblico all’interno del partito di sua appartenenza. Il dott. Barca chiedeva conseguentemente all’Autorità di disporre “la cancellazione ed il blocco del citato contenuto audio pubblicato e consultabile sul sito”.
Radio 24 ribadiva, invece, la legittimità della propria condotta allegando l’interesse pubblico a conoscere le opinioni politiche del dott. Barca, che avrebbero, peraltro, potuto essere acquisite soltanto utilizzando l’escamotage proprio della trasmissione.
Radio 24 sottolineava in replica come il codice deontologico all’art. 2 prevede che il giornalista possa tacere la sua identità …”quando ciò renderebbe impossibile l’esercizio della funzione informativa”.
Con provvedimento dell’11 settembre 2014 il Garante accoglieva il ricorso dell’on. Barca ritenendo che la raccolta dei dati personali suoi propri fosse avvenuta in violazione dell’art. 2, comma 1, del Codice deontologico dei giornalisti che impone di evitare “artifici”.
Osservava il Garante come “… la notizia inerente le dinamiche di formazione del Governo Renzi e gli incarichi proposti al dott. Barca ben avrebbe potuto essere acquisita con gli strumenti propri dell’inchiesta giornalistica e non, invece, con il ricorso a pratiche ingannevoli, quali il mascheramento dell’identità dell’interlocutore o la simulazione. Pratiche che vanno ben oltre l’omissione dell’informativa e alle quali non si applica, ai sensi del citato articolo 2, l’esimente in parola”.
Né varrebbe a sostenere una diversa conclusione la circostanza che vi fosse, nel caso di specie, un sicuro interesse pubblico a conoscere l’oggetto della conversazione, riconosciuto anche dal Garante privacy. Se così fosse, osserva l’Autorità, “… non vi sarebbe più alcun limite nella correttezza dell’acquisizione delle notizie e qualsiasi metodo di raccolta verrebbe legittimato “ in ragione del fine” e per ciò solo”.
Sulla basi di tali conclusioni il Garante, preso atto della spontanea rimozione della registrazione dal sito Internet dell’emittente, ne inibiva l’ulteriore diffusione.
In senso parimenti restrittivo si era, in passato, peraltro, già pronunciata la Corte di Cassazione, che con la sentenza 13 maggio 2011, n. 18908  aveva statuito che “… non è illecito registrare una conversazione perché chi conversa accetta il rischio che la conversazione sia documentata mediante registrazione, ma è violata la privacy se si diffonde la conversazione per scopi diversi dalla tutela di un diritto proprio o altrui”.
E’ dunque la fine dei metodi non convenzionali che stanno alla base degli scoop giornalistici? D’ora in poi sarà possibile mandarli in onda solo con il consenso dei soggetti artatamente coinvolti?
Il dibattito è aperto.

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