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La CGE si pronuncia sull’eccezione di copia privata

Riteniamo opportuno tornare su un tema affrontato nel precedente numero della nostra rivista, attesa la rilevanza dello stesso: l’eccezione di copia privata e l’interpretazione dell’art. 5 paragrafi 2, lettera b), e 5, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, nonché della direttiva 2004/48/CE del parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale.

Con la sentenza del 10 aprile 2014 (causa C-435/12), la Corte di Giustizia europea si è definitivamente pronunciata sulla questione pregiudiziale riguardante l’interpretazione avanzata dalla Suprema Corte Olandese, accogliendo pienamente le conclusioni rassegnate, nel gennaio 2014, dall’ Avvocato Generale della Corte di Giustizia Europea, Pedro Cruz Villalòn, oggetto di nostro contributo nel precedente numero della rivista.

Secondo la Corte “Il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, in combinato disposto con il paragrafo 5 di tale articolo, dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non fa distinzione tra la situazione in cui la fonte a partire dalla quale una riproduzione per uso privato è realizzata è legale e la situazione in cui tale fonte è illegale.“.

Con tale decisione, viene definitivamente chiarito che il diritto alla copia privata non deve essere confuso con la riproduzione che trae origine dalla pirateria: i denari prelevati con il cosiddetto equo compenso imposto sui dispositivi che siano destinati all’archiviazione e alla copia sono raccolti e redistribuiti esclusivamente per compensare i detentori dei diritti delle copie private. Copie che presuppongono il possesso di un originale acquisito senza arrecare danni ai detentori dei diritti.

Del resto, si legge nelle motivazione della sentenza: “… gli Stati membri hanno la facoltà di istituire o meno le diverse eccezioni previste all’articolo 5 di tale direttiva, e ciò conformemente alle loro tradizioni giuridiche, ma che, una volta operata la scelta di introdurre una determinata eccezione, quest’ultima dev’essere applicata in maniera coerente, di modo che non possa pregiudicare gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2001/29, che mirano a garantire il buon funzionamento del mercato interno.

Orbene, se gli Stati membri disponessero della facoltà di adottare o meno una normativa che consente che riproduzioni per uso privato siano realizzate anche a partire da una fonte illegale, ne risulterebbe, con ogni evidenza, un pregiudizio al buon funzionamento del mercato interno.

D’altra parte, dal considerando 22 di tale direttiva risulta che la diffusione della cultura non può essere veramente promossa se non proteggendo rigorosamente i diritti e lottando contro le forme illegali di messa in circolazione di opere culturali contraffatte o riprodotte abusivamente.

Orbene, non può quindi essere tollerata una normativa nazionale che non distingua in alcun modo tra le copie private realizzate a partire da fonti legali e quelle realizzate a partire da fonti contraffatte o riprodotte abusivamente”.

La Corte di Giustizia, inoltre, si è espressa anche riguardo all’entità dell’equo compenso. I giudici europei ricordano che la fissazione dell’equo compenso deve risultare coerente e armonizzata in tutti gli stati membri: l’entità e i parametri per il prelievo devono risultare uniformi sul mercato.

Ciò sulla base delle seguenti considerazioni “… un sistema di prelievo per copia privata, come quello di cui al procedimento principale, che non fa distinzione, per quanto attiene al calcolo dell’equo compenso dovuto ai suoi beneficiari, tra la situazione in cui la fonte a partire dalla quale una riproduzione per uso privato è realizzata sia legale e quella in cui tale fonte sia illegale, non rispetta il giusto equilibrio di cui al punto precedente.

In un siffatto sistema, il pregiudizio causato, e quindi l’importo dell’equo compenso dovuto ai beneficiari, è infatti calcolato in base al criterio del pregiudizio causato agli autori tanto da riproduzioni per uso privato realizzate a partire da una fonte legale, quanto da riproduzioni realizzate a partire da una fonte illegale. L’importo così calcolato si ripercuote quindi, in definitiva, sul prezzo che gli utenti di materiali protetti pagano nel momento in cui vengono loro messi a disposizione apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione che consentono la realizzazione di copie private.

In tal senso, ogni utente che acquisti siffatte apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione è indirettamente penalizzato, dato che, sostenendo l’onere del prelievo stabilito a prescindere dal carattere legale o illegale della fonte a partire dalla quale siffatte riproduzioni vengono realizzate, contribuisce necessariamente al compenso per il pregiudizio causato da riproduzioni per uso privato realizzate a partire da una fonte illegale, non autorizzate dalla direttiva 2001/29, ed è pertanto indotto a farsi carico di un costo supplementare non trascurabile per poter realizzare le copie private che rientrano nell’eccezione prevista dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva medesima.”    

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