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La convivenza di fatto tra partners esiste anche in caso di residenze anagrafiche diverse

Secondo la Corte di Cassazione, alla luce del mutato assetto della società, non è possibile escludere l’esistenza di una convivenza per il solo fatto che i partners non abbiano la medesima residenza anagrafica.

La coabitazione, anche a seguito della Legge 76/2016, deve essere intesa come semplice indizio o presunzione dell’esistenza di una convivenza di fatto, da considerare unitariamente agli ulteriori elementi di prova e non come elemento essenziale la cui eventuale mancanza, di per sé, possa legittimamente portare ad escludere la convivenza stessa. Ciò porterebbe erroneamente a privare di tutela ogni relazione che, sebbene connotata dalla stabilità affettiva e dalla reciproca assunzione di un impegno di assistenza e di collaborazione all’adempimento degli obblighi economici, non risponda ad una concezione tradizionale di convivenza/coabitazione.

Pertanto, nel caso affrontato nella sentenza n. 9178/2018, la Corte ritiene che debba trovare accoglimento la richiesta avanzata dalla partner di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti alla morte del convivente, sebbene non esistesse una residenza anagrafica comune, in presenza di elementi probatori emersi nel corso del giudizio che nel loro complesso sono prova della effettività della convivenza (quali, ad esempio, l’esistenza di un conto corrente comune e la disponibilità presso la residenza della partner dell’agenda dell’altro e delle sue buste paga).

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