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No al risarcimento del danno al calciatore infortunatosi in una partita amichevole

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11270 del 10 maggio 2018, ha stabilito che non scatta il risarcimento al calciatore che riporta danni permanenti durante un’amichevole, se il fallo dell’avversario avviene nel corso di un’azione di gioco, salvo che tale condotta fallosa dell’avversario sia esorbitante rispetto al contesto della partita.

La Suprema Corte, pertanto, ha ritenuto infondata la richiesta di risarcimento danni proposta da un giovane giocatore di calcio il quale, durante una partita amichevole, aveva riportato lesioni personali di natura permanente a causa di un’azione fallosa condotta da un suo avversario, il quale era intervenuto in scivolata colpendo violentemente le gambe del giovane calciatore.

Secondo la Suprema Corte, può sussistere una responsabilità dell’agente solo nel caso in cui egli abbia compiuto atti allo specifico scopo di ledere, con un grado di violenza o irruenza abnorme rispetto alle finalità del gioco e, comunque, incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato, circostanza questa non rilevata nel caso di specie.

La Corte, inoltre, ha voluto precisare che sui partecipanti al gioco grava un livello di rischio di pregiudizio volontariamente accettato, in quanto lo sport del calcio prevede, per sua stessa natura, il contatto fisico tra gli atleti.

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