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Passo indietro sulle quote europee nell’audiovisivo italiano con il D.L. 59/2019

Con il Decreto Legge n. 59/2019, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29 giugno 2019, è stata introdotta una revisione delle quote obbligatorie di programmazione e investimento da destinare a opere audiovisive italiane ed europee, da parte di emittenti televisive e piattaforme on demand.

Le suddette quote, disciplinate dal Testo unico della radiotelevisione, erano state recentemente inasprite mediante un innalzamento delle stesse a partire dal 1° luglio 2019, previsto dal d.lgs. n. 204/2017 (c.d. Decreto Franceschini) e dal relativo Regolamento dell’AGCOM (Delibera n. 595/18/CONS, poi modificata dalla Delibera n. 24/19/CONS), in attuazione della Legge n. 220/2016, recante la disciplina del cinema e dell’audiovisivo (c.d. “Legge Cinema”).

A fronte della recentissima revisione, il suddetto innalzamento di quote è stato soppresso (lasciando peraltro invariato il sistema sanzionatorio), poiché ritenuto limitativo della libertà imprenditoriale degli operatori.

Pertanto, come previsto prima della riforma introdotta dalla Legge Cinema, le emittenti televisive dovranno riservare alle opere europee il 50 % del proprio tempo di trasmissione (escluso il tempo destinato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità, servizi di teletext e televendite).

A partire dal dal 1° gennaio 2020, e non più dal 1° luglio 2019, gli operatori interessati dovranno anche garantire per le opere italiane ovunque prodotte una sotto quota, rispetto a quella prevista per le opere europee, nella misura di almeno la metà per la Rai , nonché di un quinto per il 2020 e successivamente di un terzo per le altre emittenti televisive.

Permane unicamente nei confronti della Rai, e non più delle altre emittenti, l’obbligo di riservare almeno il 12% del proprio tempo di diffusione, tra le 18 e le 23, alla trasmissione di opere cinematografiche e audiovisive di finzione, di animazione, nonché di documentari originali (e non più anche di altre opere di alto contenuto culturale o scientifico, incluse le edizioni televisive di opere teatrali) di “espressione originale italiana”, ovunque prodotti. Tale quota dovrà essere ora rispettata su base annuale, e non più settimanale, e almeno un quarto (e non più la metà) della stessa, sarà riservata a opere cinematografiche italiane ovunque prodotte.

Tra le variazioni intervenute con riferimento agli obblighi di investimento, rileva in particolare la fissazione, per le emittenti televisive diverse dalla Rai, al 12,5% degli introiti netti annui in Italia (e non più al 15%) della quota massima da destinare (ora interamente e non più per almeno cinque sesti) a opere europee realizzate da produttori indipendenti (che verrà incrementata gradualmente rispetto all’attuale quota pari al 10%, non più dal 1° luglio 2019 ma solo a partire dal 2020).

Rimane immutato l’obbligo delle piattaforme fornitrici di servizi media on demand di programmazione di opere audiovisive europee realizzate negli ultimi cinque anni, in misura non inferiore al 30% del proprio catalogo, mentre l’obbligo di investire in opere di produttori indipendenti è stato ridotto dal 20% dei propri introiti netti annui in Italia al 15% sino all’adozione di un apposito Regolamento da parte dell’AGCOM e, successivamente, al 12,5%. Tuttavia, tale quota di investimento potrà essere innalzata sino al 20%, ai sensi del predetto Regolamento, qualora ricorrano determinate condizioni (come ad esempio: il mancato stabilimento di una sede operativa in Italia e l’impiego di un numero di dipendenti inferiore a venti).

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