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Il Regolamento AGCom va in Corte Costituzionale

autore:

Luca Egitto

Dopo mesi di attacchi frontali all’Autorità Garante delle Comunicazioni veicolati in vario modo e attraverso diversi canali offline e online (quotidiani, blog collegati ai siti di quotidiani online, versioni online dei quotidiani, siti d’informazione militanti), il Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 (già commentato su Repmag quiqui, di seguito “Regolamento”) – “figlio” contestatissimo dell’AGCom – è stato finalmente inviato alla Corte Costituzionale perché ne sia valutata la legittimità costituzionale. L’invio degli atti alla Corte Costituzionale da parte del TAR era prevedibile (o quanto meno non poteva essere escluso a priori) alla luce di quanto accaduto negli ultimi mesi tra l’Autorità e suoi antagonisti. Infatti, dopo il fallito tentativo di impedire l’adozione del Regolamento mediante intervento parlamentare, i gruppi di pressione ostili al Regolamento avevano annunciato che avrebbero fatto ricorso al TAR per chiedere l’annullamento della Delibera n. 680/13/CONS (con la quale era stato introdotto il Regolamento) anche alla luce dei presunti vizi di costituzionalità, tra gli altri, dell’iter deliberativo e del contenuto del Regolamento stesso. Così hanno fatto: con due ricorsi “gemelli” (anche se in realtà lo sono per la sola parte di censura di incostituzionalità, mentre per i motivi ancillari e secondari le due impugnazioni non sono esattamente gemelle) ANSO – Associazione Nazionale della Stampa Online, F.E.M.I. Federazione Media Digitali Indipendenti, Open Media Coalition e Altroconsumo, Assoprovider – Associazione Provider Indipendenti-Confcommercio, Movimento Difesa del Cittadino, Assintel – Confcommercio hanno chiesto al TAR di annullare – previa sospensiva – la Delibera sopra menzionata. L’aspetto curioso (ma gli aggettivi potrebbero essere molti di più) della decisione del TAR Lazio è che in entrambi i casi il Collegio ha ritenuto infondate tutte censure di merito di cui ai due ricorsi concludendo però che “quale interprete delle leggi che trovano applicazione ai fini della decisione, prima di pronunciare la reiezione del ricorso deve interrogarsi se le stesse siano compatibili con la nostra Costituzione”. La conclusione del TAR evidenzia quindi la questione principale oggetto di discussione, ossia il bilanciamento tra diversi interessi costituzionalmente garantiti e, in particolare, tra la tutela del diritto d’autore (ossia del diritto di proprietà) ed il diritto alla libera informazione ed espressione (quali diritti fondamentali previsti dalla Costituzione). Infatti, i gruppi di pressione contrari al Regolamento hanno sempre denunciato la possibile compromissione dell’esercizio dei suddetti diritti fondamentali nell’ipotesi di attuazione da parte di AGCom delle misure repressive delle violazioni del diritto d’autore previste dal Regolamento. Più in particolare, secondo i ricorrenti al TAR, la lesione dei suddetti diritti fondamentali avrebbe luogo sia perché le misure repressive dell’AGCom comporterebbero una compressione dei diritti di informazione ed espressione che solo un vero e proprio giudice potrebbe ordinare, sia perché le leggi che hanno dato i poteri all’AGom avrebbero travalicato i criteri di proporzionalità e ragionevolezza che dovrebbero ispirare il legislatore che interviene su aree interferenti con le suddette libertà fondamentali. Lo scenario più frequentemente ipotizzato dai ricorrenti nei numerosissimi attacchi all’AGCom e al Regolamento pubblicati su quotidiani e periodici è infatti quello della potenziale rimozione di contenuti leciti (semplici articoli o commenti critici) eseguita nell’ambito dell’attuazione di un provvedimento dell’AGCom, soggetto privo della copertura costituzionale necessaria per comprimere la libertà di espressione o il diritto all’informazione. E’ probabilmente il rischio (la cui entità è tutta da dimostrarsi nel caso del Regolamento) di questa potenziale limitazione di diritti fondamentali ad aver indotto il TAR Lazio a richiedere alla Corte Costituzionale una pronuncia pregiudiziale circa la possibile “illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, e degli artt. 14, comma 3. 15, comma 2, e 16, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, nonché del comma 3 dell’art. 32 bis del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici approvato con decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, come introdotto dall’art. 6 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, sulla cui base è stata adottata la impugnata “Delibera n. 680/13/CONS del 12 dicembre 2013” recante il “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative” e l’ “Allegato A” alla predetta Delibera, per la violazione dei principi di riserva di legge e di tutela giurisdizionale in relazione all’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero e di iniziativa economica, sanciti dagli articoli 2, 21, primo e sesto comma, 24 e 41 della Costituzione, nonché per la violazione dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità nell’esercizio della discrezionalità legislativa e per la violazione del principio del giudice naturale, in relazione alla mancata previsione di garanzie e di tutele giurisdizionali per l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero sulla rete almeno equivalenti a quelle sancite per la stampa, con la conseguente violazione degli articoli 21, secondo, terzo e quarto comma, 24 e 25, primo comma, della Costituzione”. A questo punto non resta che attendere la risposta della Corte Costituzionale, che difficilmente porrà fine alla questione: infatti, qualora fosse confermata l’illegittimità costituzionale delle norme sopra evidenziate, nulla impedirà ai titolari dei diritti d’autore e all’industria dell’intrattenimento di cercare nuovamente strumenti di contrasto alle violazioni massive commesse via internet, alternativi e più celeri rispetto all’ordinaria tutela giurisdizionale, civile e penale, oggettivamente inadeguata a dare risposte tempestive al fenomeno della pirateria online, che ha in Italia una roccaforte di irriducibili sostenitori.

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