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Decreto Rilancio – Patrimonio Rilancio CDP a sostegno delle imprese di grandi dimensioni. Esenzione dall’obbligo di ...

L’art. 27 del D.L n. 34 del 19 maggio 2020, c.d. “decreto rilancio” (di seguito, il “Decreto”) ha autorizzato la costituzione di un patrimonio destinato (il “Patrimonio Rilancio”) in seno a Cassa Depositi e Presiti S.p.A. (“CDP”) della durata di dodici anni (riducibili o prorogabili), al fine di rilanciare il sistema economico-produttivo italiano, duramente colpito dall’emergenza Covid-19.

Il Patrimonio Rilancio sarà costituito con deliberazione dell’assemblea di CDP, alla quale spetterà altresì il compito di suddividere eventualmente il Patrimonio in comparti.

 

La misura sarà finanziata:

  • dal Ministero dell’economia e delle finanze (“MEF”), in qualità di finanziatore unico, con apporti di beni e rapporti giuridici; per l’anno 2020 il finanziamento sarà apportato mediante l’assegnazione di titoli di Stato a CDP, nel limite di 44 miliardi di euro; ovvero
  • tramite emissioni obbligazionarie da parte della stessa CDP – anche in deroga all’art. 2412 cod. civ., eccedendo pertanto il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato, con garanzia di ultima istanza dello Stato per un importo massimo di euro 20 miliardi, in caso di incapienza del Patrimonio Rilancio.

In conformità con quanto statuito dal codice civile, il Patrimonio Rilancio e gli eventuali singoli comparti costituiti al suo interno sono autonomi e separati dal resto del patrimonio di CDP, nonché dagli altri patrimoni separati e comparti costituiti. Di conseguenza, solo i creditori del Patrimonio Rilancio potranno esperire azioni esecutive sul Patrimonio stesso.

1) Ambito Soggettivo di applicazione del Patrimonio Rilancio

Il Patrimonio Rilancio potrà intervenire esclusivamente in società per azioni, anche con azioni quotate in mercati regolamentati o costituite in forma cooperativa, purché:

  • abbiano sede legale in Italia;
  • non operino nel settore bancario, finanziario o assicurativo;
  • presentino un fatturato annuo superiore a cinquanta milioni di euro; e
  • abbiano adeguate prospettive di redditività, laddove si tratti di interventi relativi a operazioni di ristrutturazione.

Si noti bene: eventuali ulteriori condizioni di accesso potranno essere stabilite dal decreto attuativo del MEF, a cui è demandata, altresì, l’individuazione di criteri e modalità di intervento del Patrimonio Rilancio.

2) Modalità di Intervento del Patrimonio Rilancio

Il Patrimonio Rilancio potrà operare, alternativamente:

  • sulla base del cd. Temporary Framework, che identifica i principi UE sugli aiuti di Stato finalizzati al sostegno delle imprese in difficoltà a causa dell’emergenza epidemiologica Covid-19, a parità di condizioni tra gli Stati membri, mantenendo, al contempo, l’integrità del mercato interno;
  • a condizioni di mercato, secondo le disposizioni del Decreto MEF e del Regolamento del Patrimonio Rilancio.

Più nello specifico, il Patrimonio Rilancio potrà realizzare qualsivoglia forma di investimento, incluso il rilascio di garanzie e la sottoscrizione di strumenti finanziari. Tuttavia, è espressamente precisato nel Decreto che il Patrimonio opererà in via preferenziale mediante:

  • la sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili;
  • la partecipazione ad aumenti di capitale; e
  • l’acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche.

L’individuazione degli interventi realizzati dal Patrimonio Destinato avverrà in base ai criteri identificati dal decreto attuativo del MEF, volti a quantificare l’incidenza dell’impresa sotto i seguenti profili:

  • sviluppo tecnologico;
  • infrastrutture critiche e strategiche;
  • filiere produttive strategiche;
  • sostenibilità ambientale;
  • rete logistica e rifornimenti; e
  • livelli occupazionali coinvolti.

La misura sembrerebbe quindi avere un duplice obiettivo:

  1. supportare le società di grandi dimensioni, fornendo liquidità diretta alle imprese che soddisfano le condizioni poc’anzi rassegnate, nonché le condizioni che saranno eventualmente previste nel decreto attuativo del MEF;
  2. proteggere gli asset strategici.

Sarà però determinante il contenuto del decreto attuativo del MEF per capire se esso finirà per limitare eccessivamente l’operatività del Patrimonio Rilancio, aggiungendo ulteriori condizioni di accesso ad oggi non previste.

Qualora necessario, gli interventi del Patrimonio Rilancio saranno inoltre subordinati all’approvazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea in materia di aiuti di stato.

3) Effetti sul controllo delle imprese oggetto degli interventi del Patrimonio Rilancio

Di particolare rilevanza pratica appare l’applicazione della seguente previsione del comma 9 dell’art. 27 del Decreto qui commentato: “Le operazioni di impiego e di investimento effettuate da Cdp a valere sul Patrimonio Destinato non attivano eventuali clausole contrattuali e/o statutarie di cambio di controllo o previsioni equipollenti che dovessero altrimenti operare”.

Sembrerebbe da una prima lettura della sintetica previsione sopra riportata che in caso di cambio di controllo dell’impresa oggetto degli interventi di investimento effettuati attraverso il Patrimonio Rilancio, le clausole contrattuali o statutarie di cambio di controllo non trovino comunque applicazione, attraverso un meccanismo di “sterilizzazione” giuridica sine die di norme contrattuali o statutarie prevista in un atto amministrativo quale il Decreto (salva poi la conversione in legge).

Quel che però appare di maggior interesse è la locuzione “o previsioni equipollenti che dovessero altrimenti operare”, poiché essendo espressamente previsto che il Patrimonio Rilancio possa investire in società quotate, sembrerebbe ipotizzabile che attraverso tale ermetica locuzione il Decreto abbia inteso inserire una deroga alla disciplina dell’OPA obbligatoria prevista dal Testo Unico della Finanza.

D’altra parte non parrebbe possibile immaginare che CDP sia esposta al rischio di dover lanciare OPA sulle società quotate eventualmente investite attraverso l’utilizzo del Patrimonio Rilancio.

Certamente, una deroga così rilevante ad una norma fondamentale per il funzionamento dei mercati finanziari italiani, richiederà un passaggio più chiaro e approfondito in sede di legge di conversione del DPCM.

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