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Gli esiti dell’accertamento penale influenzano il giudizio tributario

Con la sentenza n. 1230/2019, la Sezione XXII della CTR di Lecce ha ribadito il principio secondo cui, pur non potendosi attribuire valore di prova legale al risultato dell’accertamento effettuato in sede penale, al giudice tributario, nelle proprie valutazioni, non è preclusa la possibilità di utilizzare i risultati di tale accertamento nell’ambito del diverso e separato giudizio tributario.

Resta fermo il principio, stabilito dall’art. 20 D.Lgs. 74/2000, di reciproca autonomia tra i due diversi procedimenti: il giudicato formatosi all’esito del processo tributario non riveste efficacia “vincolante” sugli esiti del processo penale, ancorché i fatti accertati siano gli stessi; lo stesso per quanto riguarda l’incidenza del processo penale su quello tributario, con riferimento alle ipotesi in cui per gli stessi fatti già valutati in sede penale l’Amministrazione finanziaria abbia promosso l’accertamento nei confronti del contribuente. Ciò nonostante, i casi di “contaminazione” tra i due diversi giudizi sono fisiologici, stante la – quantomeno parziale – coincidenza dell’oggetto dell’accertamento. La sentenza in commento si segnala in quanto i risultati dell’accertamento penale, peraltro non definitivo bensì svolto incidentalmente nell’ambito del giudizio cautelare che ha portato all’annullamento del sequestro preventivo relativo al reato di utilizzo di fatture “soggettivamente” inesistenti, ha comportato, una volta trasferito in sede tributaria, il parziale accoglimento del ricorso presentato dal contribuente. A tale accoglimento ha fatto seguito il riconoscimento della deducibilità dei costi sostenuti dalla Società a fronte delle medesime fatture soggettivamente inesistenti per cui pendeva il giudizio penale nei confronti del suo legale rappresentante.

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