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Russia: nuove limitazioni della libertà di espressione in Rete

 

La Russia, con la scusa della necessità di nuove norme anti-terrorismo, emana una serie di leggi che prevedono un controllo più stringente sugli internet service providers ed sui privati cittadini, limitando fortemente la libertà di espressione in Rete. 

Proprio mentre l’Europa, con un intervento a gamba tesa della Corte di Giustizia sulla validità della direttiva “Frattini” n. 2006/24/CE, pone rilevanti dubbi sull’attività di conservazione dei dati di connessione e delle informazioni degli utenti per finalità di giustizia (si veda, al riguardo, l’articolo di Giuseppe Vaciago su questa stessa rivista), la Russia si muove in direzione opposta ed impone una stretta durissima alle comunicazioni via internet e, più in generale, al diritto di espressione dei privati in rete.

Il 22 aprile 2014, la Duma russa ha approvato alcuni emendamenti alla legislazione  anti-terrorismo, tra cui la previsione di una nuova legge su quei soggetti che “gli utenti di internet chiamano blogger”. La legge impone a tutti i soggetti, compresi i privati, purchè titolari di siti con più di 3.000 visitatori al giorno, di effettuare la registrazione presso il Roskomnadzor, l’organismo statale di controllo dei media. Una volta registrati , anche i blogger avranno gli stessi obblighi giuridici e le stesse responsabilità dei normali mezzi di comunicazione di massa, come ad esempio l’accurata verifica delle informazioni inserite dagli utenti, la protezione delle informazioni relative alla vita privata, nonché la sottoposizione alle restrizioni in tema di propaganda a sostegno dei candidati elettorali. Non da ultimo, ISP e blogger potranno essere ritenuti responsabili per eventuali commenti inseriti da terzi sul loro sito web o sulle pagine dei social media.

Secondo la nuova legge, tutti i soggetti che gestiscono piattaforme o siti con più di 3.000 visitatori giornalieri devono fornire anche i propri dati anagrafici e le informazioni di contatto direttamente sulle loro pagine web. In difetto, l’ente statale di controllo dei media può incaricare fornitori di connettività o amministratori di rete di esibire alle Autorità i dati anagrafici ed i contatti richiesti. Con la nuova legge, la mancata registrazione al Roskomnadzor è punibile con sanzioni amministrative comprese tra 10 e 30 mila rubli (da 280 a 840 euro) per gli individui e fino a 300.000 rubli (8.400 euro) per le persone giuridiche. Ripetute violazioni comportano multe più elevate – fino a 500.000 rubli (14 mila euro) per le persone giuridiche – o la sospensione amministrativa del sito per un massimo di un mese.

Già prima di adottare questa regolamentazione, le Autorità avevano bloccato tre dei maggiori portali indipendenti del paese con un’altra legge, entrata in vigore a febbraio, che autorizza i Pubblici Ministeri ad inibire l’accesso ai siti web senza alcun ordine del tribunale. Basta che l’organo inquirente ritenga che “presumibilmente essi contengano materiale estremista, appoggino sommosse e manifestazioni di massa, o invitino gli utenti alla partecipazione a riunioni pubbliche non autorizzate”.

La nuova normativa, che modifica la legge sull’informazione, prevede che le società di comunicazione online registrino per sei mesi le informazioni relative a tutti i messaggi degli utenti. I dati devono essere conservati sul territorio della Federazione e non sono previste eccezioni: vale a dire che anche le compagnie straniere come Google, Facebook e Microsoft (proprietaria di Skype) sono tenute ad avere server nel paese, allo stesso modo delle omologhe russe Yandex, Mail.ru o Vkontakte.

I requisiti recentemente imposti, tuttavia, contraddicono le raccomandazioni formulate dal relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di opinione e di espressione, Frank La Rue. Nel suo rapporto al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, La Rue ha affermato che gli obblighi di registrazione e di licenza “non possono essere giustificati nel caso di internet”. Nel 2013, egli aveva invitato gli Stati ad astenersi dal richiedere agli utenti di internet di registrarsi con il loro vero nome e di richiedere ai fornitori di servizi online di conservare i dati personali, in modo che “gli individui possano esprimersi liberamente senza paura di ritorsioni o di condanne”. 

In un clima già rovente per la situazione ucraina, così come è stato pochi mesi fa per la Turchia di Erdogan, sono anche i tentativi di imbrigliare la rete a catalizzare l’interesse del mondo sulle scelte semi-totalitarie del governo di Putin. Come a dire che, nuovamente, la libertà di un paese si misura anche tastando il polso dell’Internet.

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