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Update | Conflitto in Ucraina, contratti GASFA e FOSFA e clausole di forza maggiore e prohibition

Tra le gravi conseguenze dell’aggressione russa ai danni dell’Ucraina c’è come noto il blocco di decine di navi in porti ucraini, fermate in molti casi con merce già interamente caricata a bordo, esposta a deterioramento e in molti casi ormai sicuramente danneggiata a causa della impossibilità di eseguire una adeguata ventilazione della merce presente in stiva.

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In molti altri casi, inoltre, i venditori hanno dichiarato la impossibilità di adempiere, dovuta al fatto che è divenuto irrealizzabile il trasporto della merce ai porti di caricazione.

Molto spesso i contratti impiegati sono i formulari GAFTA e FOSFA, che contengono di regola tutti una clausola di forza maggiore e/o una clausola di prohibition che contempla le varie situazioni che possono impedire l’adempimento da parte del venditore.

Il testo di queste clausole differisce tra i vari formulari, ma nella sostanza tutte sono definite nei contratti GAFTA Prevention of shipment (ad es. nel GAFTA 100) o Prevention of delivery (ad es. nel GAFTA 200), e includono tutte le varie situazioni di forza maggiore o proibizione all’esportazione o introduzione di licenze; nei contratti FOSFA queste pattuizioni sono di regola distinte tra clausole di forza maggiore e clausole di prohibition  (ad esempio rispettivamente clausola 22 e 23 del FOSFA 54).

Tali sono le clausole che sono state invocate in questi mesi per giustificare la mancata esecuzione o i ritardi nell’adempimento.

Va tenuto presente, tuttavia, che Force Majeure e Prohibition sono due situazioni molto diverse, nonostante sia accaduto con frequenza che i venditori le abbiano invocate entrambe congiuntamente.

Per quanto riguarda la forza maggiore, la posizione della giurisprudenza inglese può essere riassunta come segue:

  1. la formulazione e l’ampiezza della clausola di forza maggiore sono il dato di partenza, e sono di regola determinanti per stabilire se una parte ha diritto di chiedere l’esonero. Alcune clausole operano solo se l’adempimento è “prevented” oppure reso “impossible”, per cui la clausola non opera qualora le circostanze sopravvenute rendano l’adempimento solo più complesso o ritardato. Altre clausole invece sono ispirate a minor rigore, operando anche qualora l’adempimento sia “hindered” o “delayed”
  2. la parte che invoca la forza maggiore è tenuta ad operare con la massima diligenza per superare le difficoltà e rispettare le obbligazioni assunte
  3. la force majeure exception non può inoltre essere invocata quando il contratto è divenuto semplicemente più oneroso o meno redditizio
  4. l’onere della prova delle circostanze che determinano la forza maggiore grava sulla parte che la invoca. In caso di ambiguità o dubbio nell’interpretazione della clausola di force majeure essa va interpretata in modo restrittivo, e a sfavore della parte che la richiama
  5. infine, la tempestività nell’invocare il ricorso della forza maggiore e nel rispettare i termini previsti nel contratto è imperativa, ed eventuali ritardi anche modesti possono comportare la decadenza dal diritto a richiedere l’esonero, anche qualora non vi sia un termine espresso di decadenza.

La valutazione se le parti venditrici possano invocare con successo la forza maggiore va dunque fatta alla luce dei principi che precedono.

Le clausole di forza maggiore FOSFA e GAFTA fanno riferimento a una esecuzione che sia prevented, un grado di impossibilità assoluta.

Occorre dunque sempre accertare quando la dichiarazione di forza maggiore è stata presentata, poiché se (come è accaduto con frequenza) essa è stata trasmessa in un momento in cui la navigazione nel mare d’Azov e nel mar Nero era interrotta per ordine delle autorità, l’evento ha semplicemente sospeso l’adempimento, divenuto nuovamente possibile alla riapertura della navigazione commerciale di quei porti.

Altra fattispecie che in queste mesi si è presentata con frequenza è l’introduzione di restrizioni all’export da parte di alcuni paesi (come Serbia e Ungheria per le esportazione di mais).

Questa ha integrato una situazione di prohibition, che ha sospeso l’esecuzione, ed è tuttavia venuta meno una volta ripristinata la libera esportazione.

Occorre sempre in ogni caso valutare se il contratto prevede diverse origini del prodotto, perché il venir meno di una opzione da parte del venditore non rende il contratto impossibile laddove altre origini siano disponibili.

Sul punto va segnalata una specificità del diritto inglese, che distingue tra contract options e performance options.

Nelle prime la parte ha la possibilità di esercitare un’opzione che è espressamente prevista in contratto, per cui una volta esercitata l’opzione la scelta diventa di fatto irreversibile, con la conseguenza che

a) la parte venditrice è tenuta a fornire il prodotto di quell’origine

b) una situazione di forza maggiore o prohibition che coinvolge merce di quell’origine può effettivamente determinare un esonero totale o parziale.

Nel caso invece di una performance option la parte può scegliere le modalità con cui adempiere (dunque fornendo merce di un’origine scelta tra le varie previste) con il risultato che forza maggiore o proibizione all’export di quella specifica origine non valgono a esonerare il venditore, anche se la parte ha fatto scelta esercitando l’opzione.

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